L’atto con il quale il datore di lavoro chiude unilateralmente il rapporto di lavoro con il proprio dipendente si chiama licenziamento. L’articolo 2119 codice civile disciplina il licenziamento per giusta causa. Questa norma prevede che ogni contraente può recedere dal contratto, prima della sua scadenza, se si verifica una causa che non consenta la prosecuzione del rapporto.
Il licenziamento per giusta causa è la forma più grave di chiusura del rapporto di lavoro. Deriva da un inadempimento contrattuale del lavoratore. Questo comportamento è capace di spezzare il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. Un elemento che la norma non cita, caratteristico del licenziamento per giusta causa e identificato dalla giurisprudenza, è quello dell’immediatezza. Nel senso che, a parte l’intervallo di tempo fisiologico per gli accertamenti e la burocrazia sul punto, il licenziamento ha effetto immediato.
Spettano fino a 12 mensilità al lavoratore per questo comportamento comune del datore di lavoro spesso ritenuto lecito ma in realtà vietato dalla legge
La giusta causa del licenziamento, come detto, è cosi grave che determina l’immediata interruzione del rapporto di lavoro. La causa è la rottura del rapporto di fiducia con il datore di lavoro. In sede di processo, il giudice dovrà valutare l’effettiva gravità dei fatti che il capo addebita al lavoratore. Il giudice, cioè, dovrà valutare se effettivamente il fatto compiuto dal lavoratore era tanto grave da giustificare il licenziamento. Un altro fattore che deve valutare il giudice è la proporzionalità tra le violazioni compiute dal lavoratore e la gravità della sanzione inflitta.
Infatti, non ogni violazione o inadempimento del lavoratore è di per sé grave e comporta immediatamente il licenziamento. Esiste una gradazione della gravità dei comportamenti del lavoratore cui corrispondono appropriate sanzioni in base al principio di proporzionalità. Il giudice deve appunto verificare che il datore di lavoro si sia attenuto a questi principi nel valutare la gravità delle violazioni del dipendente.
Obbligo di rispettare queste norme
Il licenziamento per giusta causa non è, in ogni caso, un evento che sopraggiunge in maniera inaspettata. L’articolo 7 dello Statuto dei lavoratori, e spesso i contratti collettivi, disciplina un procedimento di contestazione del licenziamento. La Corte di Cassazione, con la sentenza 7392 del 2022, ha spiegato che spettano fino a 12 mensilità al lavoratore per questo comportamento comune del suo capo. I giudici, infatti, hanno chiarito che il datore di lavoro non è libero di chiudere il rapporto di lavoro del tutto unilateralmente.
Come previsto dall’articolo 7, egli deve sentire preventivamente il lavoratore dandogli la possibilità di spiegare le sue ragioni. La violazione di questa procedura seconda la Corte comporta che si attivi l’articolo 18 comma 6 dello Statuto dei lavoratori. Il datore di lavoro, cioè, dovrà risarcire il lavoratore di un’indennità fino a 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale. E questo solo per avere violato la procedura prevista dall’articolo 7.