Gli studi di diritto e di tecnica bancaria ci hanno trasferito il concetto di divieto di anatocismo.
L’anatocismo è il fenomeno per cui si calcolano ulteriori interessi sugli interessi. Se sono tenuto a rimborsare del denaro e il rimborso avviene a distanza di tempo dal prestito, dovrò rimborsare, oltre alla somma ricevuta, una quota di interessi.
Gli interessi, secondo il divieto previsto dalla normativa italiana, non possono a loro volta generare interessi.
Come le banche aggiravano il divieto di anatocismo
Imparata la regola, ci può tornare in mente in mente qualcosa. Leggendo gli estratti conto che la banca inviava ogni tre mesi, poteva risultare che avessimo speso più di quanto potessimo, mandando il conto “in rosso“. Solo al suono di queste parole, il sangue raggela e subentrano paura e angoscia.
Di conseguenza, ci venivano giustamente conteggiati interessi e altre commissioni, dovute alla banca. La banca allora riscuoteva quanto dovuto, addebitandoci tutto sul conto corrente. Da quel momento il nostro debito cresceva e su quelle voci – tra cui gli interessi – sarebbero maturati nuovi interessi.
Da una prassi ingiusta al rispetto della legge
Ancora confusi tra la norma e la realtà, venivamo immediatamente illuminati. La norma contro l’anatocismo c’era, ma era prassi che gli istituti di credito non la rispettassero, dando così luogo ad un “uso” diventato consuetudine.
Quando, nei documenti legali, qualcuno ha cominciato a far luce su questo problema, non di rado è stato preso per folle. Era prassi, dunque l’irregolarità era sanata.
Finché, un giorno, a quegli scritti si è dato credito e seguito. Pian piano è iniziato un iter giurisprudenziale che ha portato alla modifica della prassi e al rispetto della norma che di fatto è sempre esistita.
Sulla scia di questa problematica, altre modalità di operare degli istituti di credito si sono sottoposte a osservazione. Questo sta pian piano modificando i rapporti tra banca e clienti: non meno onerosi, ma forse più consapevoli.