In questi giorni l’Unione Europea sta discutendo su un tema molto sentito dagli Stati membri, quello delle etichette alimentari.
L’obiettivo è attribuire un’etichetta rossa ai cibi considerati meno sani ed una verde a quelli healthy, utilizzando un termine ormai di gergo comune.
Vediamo un po’ cosa distingue un cibo sano da uno che non lo è. Innanzitutto la quantità di grassi, che sono considerati dannosi non solo alla linea ma anche alla salute dell’uomo. Seguono i carboidrati, talvolta guardati con disprezzo e repulsione dagli amanti delle diete estreme.
Si passa poi ai valori nutrizionali “buoni” di ciascun alimento, come la quantità di fibre e di proteine; quando un prodotto alimentare è ricco di questi valori buoni allora gli si attribuirà un bollino verde.
L’Italia si sta mostrando contraria a questo sistema di etichette che possono trarre in inganno i consumatori. Vediamo perché.
L’Italia e la lotta all’etichettatura semaforo
L’idea italiana si basa sul presupposto che, se consumato con moderazione, nessun cibo è da evitare.
L’immagine dei cibi ricchi di grassi si associa normalmente ad uno sgarro da potersi concedere raramente e a cui dover rinunciare forzosamente.
Tuttavia, l’Italia si sta battendo perché si cambi questa visione del cibo.
Da leader dell’agroalimentare in tutto il mondo, la nostra Nazione vuole sostituire le etichette a colori con un sistema a batteria. Questo modello dovrebbe indicare la quantità di valori nutrizionali di cui necessitiamo, senza perciò eliminare alcun componente dalla dieta di ogni giorno.
Un’eventuale eliminazione di alcuni cibi dal consumo quotidiano comporterebbe seri rischi sia alla promozione dei prodotti Made in Italy nel mondo che alla salute dell’uomo.
Cosa distingue un cibo sano da uno che non lo è, è quindi “l’etichetta” attribuitagli e non le sue proprietà nutritive come invece, erroneamente, si pensa.