Sul fatto che l’economia globale nel suo insieme abbia problemi che reclamano l’attenzione da parte delle banche centrali non vi sono dubbi.
I pessimi dati macroeconomici della Germania e quelli “fiaccotti” di diverse altre nazioni dell’UE sono sotto gli occhi di tutti.
I potenti, a cominciare da Trump cercano di coinvolgere anche la FED nel quadro a tinte fosche che si sta delineando a livello globale.
Ma è mossa corretta?
I dati macroeconomici americani suggeriscono di no.
Anche perché è vero che è meglio prevenire, ma qua stiamo parlando di una economia, quella americana, che viaggia su molti indicatori ai massimi storici.
L’appiglio della curva dei rendimenti USA
Si cerca un appiglio forte sulla storicità della pendenza della curva 2-10 anni negli Stati Uniti che si è invertita.
E viene riconosciuto come fattore che di solito anticipa una recessione nei mesi successivi.
Peccato che, alla faccia degli analisti che sostengono questa tesi, un simile comportamento i tassi USA lo avevano avuto anche ad ottobre 2018 e che nei sei mesi successivi abbiano bellamente ritoccato i massimi storici.
Questo per dire che nell’era di cambiamenti epocali che stiamo vivendo tutte le regole, le serie storiche e le correlazioni, se non abbandonate, vanno per lo meno messe fortemente in discussione.
E lo scriviamo su questo sito che ha sempre fatto delle analisi delle serie storiche un caposaldo importante.
Caposaldo che ora va rivisitato ed aggiornato con nuove tecniche e nuovi algoritmi a cui da tempo si sta lavorando.
Siamo nell’ “era della dominazione monetaria”© e tutto va appunto rivisto ed aggiornato in sequela ai comportamenti nuovi e storicamente assolutamente inusitati che caratterizzano le banche centrali dai sub-prime in poi.
Test reale sui profitti del 3° trimestre
Restando all’economia USA e alle sue Borse il vero test sarà quello dei profitti del terzo trimestre.
Secondo gli analisti di FactSet, i profitti dello S&P 500 dovrebbero calare del 3,2% nel terzo trimestre del 2019.
Peggiorando di molto le attese iniziali che erano poste a quota -0.8%!
In calo è vista anche la crescita degli utili del quarto trimestre.
Le previsioni si attestano a circa un +4 % versus un +10% atteso a inizio anno.
In totale per l’intero esercizio 2019 è previsto una crescita limitata all’1,5%, mentre a gennaio si arrivava ad ipotizzare un + 6% per il 2019″, (previsione di Link Securities).
Trump calmato e aspettative ribassate: potenziale pepe per le Borse
Questo contesto di preoccupazioni reali ha di fatto già calmato Trump che, per la prima volta dopo mesi di Tweet aggressivi sui dazi e non solo, ha pubblicato un messaggio di ottimismo e soddisfazione per la forza economica degli USA.
La proroga concessa a Huawei per l’utilizzo dei prodotti USA (a cominciare dal sistema Android) è un chiaro segnale di come la Casa Bianca si sia resa conto che non era il caso di tirare ulteriormente la corda.
Le Borse hanno immediatamente apprezzato questo cambiamento di atteggiamento evidente.
Ma nei prossimi mesi saranno proprio le aspettative ribassate a fare la differenza.
Nei prezzi attuali i cali di redditività delle aziende quotate sono già incorporati
Questo è un fatto.
Ma se invece le cose anche grazie a un Trump più morbido volgessero al meglio per gli scambi internazionali e pertanto le aziende facessero meglio dei target ribassati visti sopra?
E se la FED sull’onda emotiva taglierà ancora i tassi a prescindere dalla reale urgenza economica mettendo una montagna di liquidità a disposizione del sistema finanziario.
Ove grazie alle banche centrali potranno volare i prezzi se non in una gigantesca bolla?
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