Dopo gli ultimi dati epidemiologici, pare che le cose possano indurre ad un certo ottimismo e si vada verso una fase di riaperture, ma regole e protocolli hanno superato il vaglio di legittimità? Ed inoltre, i relativi allentamenti consentono, comunque, una effettiva ripartenza economica in tutti i settori?
Non solo dal punto di vista medico e sanitario, ma anche economico. O, quanto meno, questa è la speranza di molti.
Gli allentamenti in materia di protocolli dovrebbero infatti consentire, a detta dei fautori di tali modifiche, un nuovo rilancio economico, unitamente alle misure riconducibili ai fondi europei.
Ma è proprio così?
Oppure occorre analizzare con attenzione critica quello che effettivamente questi protocolli consentono e, soprattutto, quello che ancora non consentono?
Verso una fase di riaperture, ma regole e protocolli hanno superato il vaglio di legittimità?
Regole non sempre aderenti alla realtà e ad alcuni principi dell’ordinamento giuridico.
Da quando è iniziata la pandemia, molte sono le regole che, dettate da una situazione di emergenza, hanno dimostrato di essere più teoriche, che realmente applicabili. In primis proprio da un punto di vista legale.
E l’esecutivo in carica, a prescindere da colori politici e ministri in carica, spesso ha dovuto rivedere le proprie posizioni.
L’esempio delle sanzioni
Forse qualcuno ricorderà che, inizialmente, erano state previste addirittura delle sanzioni penali, per l’inosservanza delle misure anti contagio, riconducibili alla fattispecie di inosservanza di un provvedimento dell’autorità.
Poi si era fatta marcia indietro, definendo tale regime come parte del sistema degli illeciti amministrativi.
Ne era nata una diatriba interpretativa su diversi aspetti. Diatriba che aveva peraltro determinato, in sede giudiziaria, tutta una serie di annullamenti di verbali elevati contro singoli cittadini. Essenzialmente per molteplici motivi di illegittimità, in primis proprio per violazione di principi relativi al sistema giuridico dell’illecito amministrativo.
Pertanto era già questo un punto fermo, di cui si sarebbe dovuto tener conto. Il sistema giuridico intrapreso dalle autorità politiche non aveva superato in diversi casi il filtro di legittimità dei giudici competenti a definire eventuali ricorsi in materia.
E, sulla base di tale giurisprudenza, anche attualmente potrebbe essere possibile vincere un analogo ricorso.
L’assurdità della accusa di epidemia colposa
Il regime delle misure di contenimento non supera, tuttavia, un certo vaglio critico, a ben vedere, neppure con riferimento agli aspetti penalmente rilevanti.
Come noto, pare che chi violi un regime di quarantena, dovrebbe essere indagato per epidemia colposa.
È una tesi che si era diffusa sin dalle prime misure adottate in tal senso.
Ma questa tesi, anche a detta di molti penalisti, pare qualcosa di decisamente aberrante sotto il profilo tecnico, se ci si pensa con una certa attenzione.
Infatti, unitamente a dolo o colpa, l’illecito penale richiede comunque che vi sia un nesso di causalità tra responsabile ed evento.
Ma, come ben noto, questo nesso riconduce, nel caso di tale fattispecie, all’ipotesi di aver causato la pandemia. E, ovviamente, non è possibile affermare che taluno abbia causato un evento, quando questo è già in corso.
Allora significa che l’evento è stato causato da altro, e che il successivo comportamento di chi accusato non può considerarsi tra i fattori che l’hanno determinato.
Non ci troviamo, infatti, già in una pandemia, evento tra i più gravi che possono verificarsi, quando si sviluppa una epidemia?
E chi avesse violato la quarantena, non lo avrebbe forse fatto, già in presenza di una pandemia in corso?
Allora, chi contagiato da una banale influenza, esca di casa e diffonda un virus, già presente, dovrebbe parimenti essere considerato colpevole di epidemia?
Evidentemente, così fosse, dovremmo considerare responsabili del delitto di epidemia colposa tutto coloro che, contagiati anche da una semplice influenza o da un raffreddore, uscissero di casa. Perché anche una semplice influenza o un raffreddore possono considerarsi forme di epidemia.
Ovviamente non è così, e quindi anche le ipotesi penali non reggono il vaglio critico di un sistema, pensato male ed applicato anche peggio.
La necessità di rivisitazione dell’intero sistema
Alcuni giudici l’hanno detto molto chiaramente. È tutto il sistema delle misure di limitazione delle libertà che rischia di essere, in primis, anticostituzionale.
Ma il sistema è rimasto, ma probabilmente verrà dismesso prima di una eventuale pronuncia della Consulta sul medesimo. Questa declaratoria, in altri termini, rischia di intervenire con una tempistica, decisamente ritardata rispetto a quella che si spera essere una data ravvicinata, in cui venga definitivamente abrogato il regime emergenziale.
Ma fin tanto che il sistema resta in vigore, dobbiamo quindi interrogarci sul secondo aspetto della questione, quello economico.
In particolare, gli attuali allentamenti consentono una effettiva ripresa?
Sarebbe complicato poter esprimere un giudizio su ogni singolo settore, data la molteplicità dei protocolli dei diversi settori, e ci limitiamo quindi, in questa sede, a quello dei matrimoni, a titolo esemplificativo.
Il settore dei matrimoni
Diversi operatori del settore ed alcune rappresentanze di categoria hanno evidenziato come le attuali misure consentano, probabilmente, più un’apertura teorica, che reale.
Inducendo, ancora una volta, a rinvii ed annullamenti.
Il nodo del numero di partecipanti
Già solo il numero di partecipanti costituisce spesso un nodo difficilmente superabile, a partire dalla cerimonia in chiesa o civile.
In alcuni casi, evidentemente, gli invitati sarebbero molti di più di quelli che i protocolli consentono, e, al fine anche di non voler offendere nessuno, magari si decide di annullare la cerimonia. Diversamente potrebbero esserci parenti o amici degli sposi che, per non essere stati invitati, al posto di altre persone, potrebbero offendersi, e naturalmente gli sposi solitamente non intendono, quindi, scegliere taluni al posto di altri.
Il pranzo
Ma anche la gestione del pranzo o della cena riserva non poche problematiche.
A partire dalla necessità di un pass vaccinale.
E tutti coloro che non sono stati ancora vaccinati?
Certo, può essere fatto il tampone, ma se risulta poi positiva quella che potremmo definire una figura chiave, come uno degli sposi o un genitore di uno sposo?
Fatto il tampone entro le quarantotto ore precedenti, se uno degli sposi o dei relativi genitori risulta positivo, cosa si fa?
Evidentemente salterebbe il tutto.
Occorre peraltro tener conto che probabilmente ci sarebbero invitati di diverse età, e quindi è difficile che tutti siano stati già vaccinati, fermo restando che taluni potrebbero essere contrari o non poter comunque essere vaccinati, a fronte ad esempio di pregresse allergie. E se altre figure chiavi risultano positive nelle ultime quarantotto ore? C’è davvero il rischio, anche solo per tale motivo, che tutto salti senza poter avere almeno un congruo lasso temporale di preavviso. Il che, ovviamente, induce al rinvio, più che alla celebrazione.
Occorre peraltro considerare che bisognerebbe non solo controllare il pass vaccinale, ma anche prendere i dati degli intervenuti, per un eventuale tracciamento, qualora insorgessero poi casi di contagio.
Ed ancora una volta tali protocolli potrebbero porre anche problemi giuridici, in quanto paiono infrangersi contro altri principi dell’ordinamento, quelli per cui l’obbligo di dare le proprie generalità vige verso un pubblico ufficiale, non certo verso semplici privati, quali potrebbero essere i cosiddetti addetti alla sicurezza. Infatti, esistono anche problemi di privacy, che non paiono superati da questi protocolli.
Insomma, già queste problematiche, secondo molti operatori del settore, inducono più a ripensamenti ed a rinvii, che a celebrare un matrimonio.
Diversi numeri dentro e fuori il locale
Non pochi problemi pone anche la questione del diverso numero di persone dentro e fuori il locale.
Nel caso di un pranzo o di una cena previsti all’aperto, se poi al chiuso il numero di persone consentito è inferiore, rispetto a quello consentito in spazi esterni, cosa succederebbe, in caso di condizioni meteo avverse?
Gli invitati verrebbero trasferiti in locali al chiuso?
Ma se tali locali ne potessero, in base ai protocolli, contenere di meno, cosa si dovrebbe fare? Dire ad un certo numero di andare via, perché potrebbe restarne solo una parte?
Certo, qualcuno potrebbe obiettare che basta fissare un numero di invitati consentito anche al chiuso, ma si ricadrebbe nel problema sopra esposto.
Come fare ad eventualmente limare la lista degli invitati, scegliendo taluni al posto di altri, e senza causare alcun risentimento, se quella iniziale è troppo numerosa?
Facile pensare alla naturale conseguenza. Non si intenderebbe escludere nessuno ed ancora una volta il matrimonio non si farebbe.
Conclusioni
Si va verso una fase di riaperture, ma regole e protocolli hanno superato il vaglio di legittimità?. Con le attuali riaperture, abbiamo quindi considerato che il sistema delle limitazioni a diritti fondamentali difficilmente supera il filtro dell’analisi non solo giuridica, ma anche proprio giudiziaria.
Quanto all’aspetto economico, basta considerare semplici problematiche organizzative, che tuttora sussistono in relazione ai protocolli previsti. Per rendersi conto, ad esempio nel settore dei matrimoni, che proprio tali protocolli inducono più all’ennesimo rinvio, che alla loro celebrazione, a fronte delle molteplici criticità difficilmente superabili.
Infine, non possiamo comunque dimenticare che un evento di questo genere dovrebbe rappresentare un’occasione spensierata per tutti i partecipanti.
Protocolli ed altre misure, quindi, unitamente alla situazione pandemica, tuttora non definitivamente superata, potrebbero far venire in mente alcune domande. Ad esempio “speriamo vada tutto bene”, oppure “speriamo che questo locale faccia ben osservare le misure, per non rischiare”. In questi casi il rischio sarebbe quello di passare più una giornata di tensione e di pensieri, che non un’occasione si svago e convivialità. Magari con l’ulteriore conseguenza, legata allo stress, che il pranzo rimanga sullo stomaco.
E, giustamente, molti novelli sposi, anche per questo motivo, preferiscono rinviare.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT“