Verso un nuovo euro? Intervista a Gian Piero Turletti

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Intervista a Gian Piero Turletti Analista di chiara fama internazionale Autore di Magic Box in 7 passi e Metodo RCM Edizioni Proiezionidiborsa

RIPRENDIAMO, IN QUESTA INTERVISTA, ALCUNI CONCETTI RIPRESI DA QUELLA PRECEDENTE.

LEI PARLAVA DELLA POSSIBILITA’ DI UN NUOVO ASSETTO MONETARIO, BASATO SULLA PROSPETTIVA CHE PAESI COME FRANCIA ED ITALIA MINACCINO LA FUORIUSCITA DALL’EURO.

MA ESISTONO OBIEZIONI TECNICHE A TALE PROSPETTIVA, E SE SI, COME RISPONDERE?

Veramente, non ho mai sostenuto che la soluzione ottimale fosse un’uscita dall’euro tout court, quanto piuttosto l’idea di una riforma dei trattati internazionali che riguardano i paesi aderenti all’eurozona.

In altri termini, la possibilità di permanere nei paesi che adottano l’euro, ma senza alcuni vincoli imposti da quei trattati e che, non solo secondo me, ma anche secondo molti economisti, sono quelli che hanno il maggior impatto prociclico, nel senso di accentuare gli effetti della crisi.

Certamente vi sono delle obiezioni a tale prospettiva.

Di seguito andiamo ad analizzare le principali, e vediamo perché sono infondate.

Ecco una delle più diffuse: LE BANCHE NON SAPREBBERO DA CHI COMPRARE DENARO.

Una siffatta obiezione è quanto meno contraddittoria.

A partire dal fatto che svincolarsi dai trattati comporterebbe, in primis, una diversa possibilità di politica monetaria, compresa la rinnovata possibilità della banca d’Italia di emettere moneta.

E’ vero che un’uscita dai trattati comporterebbe, con ogni probabilità, che le banche di quel paese non possano più accedere a prestiti della BCE, ma esistono altri percorsi che possono immettere liquidità.

Oltre alla banca centrale di un paese, infatti, è poi anche possibile intervenire sui mercati valutari, come sappiamo.

MA ESISTONO ALTRE OBIEZIONI, CHE VENGONO AVANZATE NEI CONFRONTI DELLA PROSPETTIVA DELL’USCITA DAI TRATTATI EUROPEI?

Essenzialmente, si osserva che, sulla base dell’ipotesi che le banche rimarrebbero con poche risorse finanziarie, cadrebbero nelle mani di acquirenti stranieri.

E questi acquirenti spingerebbero le aziende a spostarsi verso nord.

Occorre però osservare che tale prospettiva non pare molto realistica.

Intanto perché, come dianzi precisato, le banche potrebbero usare diversi canali alternativi alla BCE, per far fronte ai propri impegni, non solo tramite una rinnovata attività della banca d’Italia, ma anche operando sui mercati valutari.

Inoltre, va ricordato che nell’attuale eurozona, che pur consacrava libertà di movimenti e di capitali, alcuni governi posero limiti all’ingresso straniero nei confronti di aziende del proprio paese.

Basti pensare alla Francia.

A maggior ragione, se resta la moneta, ma senza le regole di prima, potrebbero essere formalizzati paletti che limitino o impediscano agli stranieri di impossessarsi di aziende italiane.

In sostanza, quindi, le banche italiane non si troverebbero nella necessità di essere vendute ad investitori esteri, e comunque interverrebbero con ogni probabilità paletti politici ad impedirlo.

Ne consegue che anche la prospettiva di gruppi bancari esteri che spingano le aziende nostrane a delocalizzare è palesemente infondata.

MA POI ESISTONO ANCHE ALTRE VIE PER RIMONETIZZARE UN SISTEMA ECONOMICO, ANCHE PRESCINDENDO DALLE BANCHE CENTRALI?

Certamente.

I tecnici lo conoscono e si tratta di usare il cosiddetto moltiplicatore monetario.

In sostanza, è possibile per un paese che lo desideri, acquistare euro sui mercati, adottarlo come moneta legalmente ammessa nel proprio sistema economico, e poi usare il moltiplicatore monetario.

Vediamo in pratica come funziona.

La singola banca non può creare nuova moneta, funzione riservata alla banca centrale, in quanto non può imprestare oltre un certo limite delle proprie risorse, ma tale funzione moltiplicatrice è svolta dal sistema nel suo complesso.

Ipotizziamo quanto segue:

un soggetto si fa imprestare un importo pari a 100 dalla banca A, poi realizza degli investimenti, delle attività che gli portano un guadagno pari a 30.

Decide quindi di depositare questo guadagno in una banca B, la quale, avendo incrementato le proprie risorse di 30, le può a sua volta imprestare.

Siamo quindi partiti da un importo iniziale di 100 e siamo arrivati ad immettere nel sistema economico risorse per 130….

Ma ogni banca non imprestando più delle risorse disponibili.

Ovviamente, questo sistema potrebbe continuare all’infinito, e per evitare un eccesso di moneta immesso nel sistema, le banche centrali definiscono la cosiddetta riserva obbligatoria, per cui stabiliscono che una certa percentuale delle risorse raccolte vada depositata presso la banca centrale, sotto forma di riserva obbligatoria.

Come si vede, quindi, possiamo partire da un certo quantitativo di una certa moneta che poi, entrando nel sistema del credito, consente di essere moltiplicato un certo numero di volte.

Se la riserva obbligatoria fosse posta pari a zero, la creazione potrebbe essere praticamente illimitata.

MA TALE PROSPETTIVA E’ SOLO TEORICA O ESISTONO STATI CHE HANNO ADOTTATO TALE SISTEMA?

Questo sistema non è solo teorico. Basta pensare, in Europa, alla repubblica del Montenegro.

Pur non facendo parte dell’UE, ha unilateralmente adottato come propria moneta l’euro, e senza alcun vincolo indotto da trattati europei.

Questi due fattori hanno contribuito allo sviluppo della sua positiva situazione economica, in quanto gli investitori stranieri dell’eurozona sono garantiti dall’uso della moneta di proprio riferimento, ma l’economia non risente dei vincoli restrittivi indotti dall’eurozona stessa.

MA IL MONTENEGRO E’ UN PAESE PICCOLO, QUINDI E’ SENZ’ALTRO PIU’ AGEVOLE UNA MONETIZZAZIONE DEL PAESE IN EURO, MA PER L’ITALIA?

L’Italia potrebbe per un certo periodo favorire una politica monetaria espansiva semplicemente abbattendo il livello della riserva obbligatoria.

Con un certo quantitativo monetario, concesso dalla banca d’Italia, con l’incentivo basato sul richiedere un utilizzo del denaro finalizzato verso l’economia reale, pena la restituzione del medesimo, e con una riserva portata a zero, si potrebbe sviluppare una dinamica di monetizzazione del sistema, se ve ne fosse bisogno.

Il sistema economico anche internazionale rimarrebbe in equilibrio, dal momento che le transazioni e gli scambi commerciali non muterebbero valuta, ma il paese non sarebbe più vincolato da trattati e da vincoli.

Volendo potrebbe anche far a meno dei parametri bancari derivanti dalle varie Basilea 1, 2, eccetera.

QUESTA SUA POSIZIONE E’ NOTA DA TEMPO.

MA COME VIENE VALUTATA NEL CONTESTO DI INTERNET E DELLE OPINIONI IN MATERIA?

Sino a qualche tempo fa, ho notato che l’adozione dell’euro, intesa come necessariamente collegata alla partecipazione all’UE, era considerata assolutamente imprescindibile.

Ora sto con piacere notando che chi prima criticava una posizione, come quella da me sostenuta, la sta almeno gradualmente facendo propria.

Questo significa anche che chi prima collegava obbligatoriamente uscita dai trattati e uscita dall’euro, ora non coniuga più necessariamente i due scenari, ed ammette che i trattati possano essere rivisti senza rompere l’attuale adesione all’euro.

COSA AGGIUNGE A QUESTO QUADRO PROSPETTICO LA CONSIDERAZIONE CHE ANCHE SENZA TRATTATI POSSA ESSERE FATTO USO DELL’EURO?

Quando ho detto, nella mia precedente intervista, che paesi come Italia e Francia potrebbero minacciare un’uscita dall’euro, mi riferivo ad una delle ipotesi possibili, politicamente condizionata.

E cioè, al fine di mantenere una certa concordia con i tradizionali partners europei, credo che l’Italia offrirebbe sul tavolo delle trattative una riforma concordata.

Visto che poi l’uscita unilaterale dall’euro potrebbe avere non poche ripercussioni sui mercati, quale ulteriore chance non va però mai dimenticato che un’uscita dai trattati non comporterebbe necessariamente un’uscita dall’euro. In altri termini, è possibile usare l’euro come moneta, senza far parte dell’UE.

NELL’ATTUALE SITUAZIONE ECONOMICA ED INTERNAZIONALE, PENSA QUINDI CHE SIA SCONFITTA LA LINEA RIGORISTA DELLA GERMANIA?

Penso proprio di sì.

Vede, quello che, senza dirlo per motivi politici, pensano politici come la Merkel, è che la soluzione ideale sarebbe quella di spingere paesi come l’Italia ad uscire dall’euro sulla base di una propria decisione.

Ma, appunto, questa prospettiva non tiene conto della possibilità, invece, che si esca dai trattati, ma tenendo fermo l’utilizzo legale dell’euro stesso.

Sarebbe confermata l’eurozona, intesa come insieme di paesi che adottano l’euro, ma senza che questo comporti più alcun vincolo.

Quindi verrebbe sconfitta proprio l’idea di base della linea politica seguita ad esempio dalla Merkel, cioè imporre una linea di politica economica rigorista, che produce solo effetti prociclici che, invece di risolvere, aggravano la crisi stessa.