Nel mondo delle monete nazionali l’attenzione è concentrata tutta su dollaro e yen. Ma tra le valute, presto, si potrebbe vedere un po’ di movimento sul peso argentino. Perché?
La questione Fed
Tutto è nato dalla guerra dei dazi tra Usa e Cina. Dazi che, in un momento di generale rallentamento economico, hanno acuito la diatriba sul costo del denaro da qui la decisione, da parte delle maggiori banche centrali, di riavviare una serie di strategie per stimolare la circolazione del denaro e la ripresa dei consumi. Strategie che vedono, in prima linea, il taglio del costo del denaro. Ma il governatore della Federal Reserve Jerome Powell si è dimostrato restio a tagliare i tassi di interesse anche in virtù di una situazione economica non certo difficile per gli Usa. Anzi.
Valute e il caso yuan
Soprattutto se messa a confronto con le altre realtà internazionali, Intanto nei giorni scorsi si è intravista un’oscillazione dello yuan al di sotto dei minimi dal 2006 e contro la quale la Banca Popolare cinese non è intervenuta se non in maniera ritenuta ritardataria.
Guerra valutaria?
Uno yuan debole rischia di essere un pericolo per l’economia statunitense e per le valute, soprattutto se, parallelamente, si ha un dollaro ancora troppo forte. Non solo, ma con la Bce pronta ad attuare misure di sostegno all’Euro e le banche centrali di India, Thailandia e Nuova Zelanda che già hanno tagliato, il dollaro rischia di restare indietro, secondo Trump.
Ed ora anche il peso
Ultimo problema per gli Usa, il peso argentino. Come è noto ormai da tempo, il prossimo 11 di agosto si terranno le primarie mentre quelle generali cioè le presidenziali e quelle per il rinnovamento delle Camere, si dovrà attendere il 27 ottobre con eventuale ballottaggio per il 24 di novembre. Con il primo che è visto quale indicatore chiave per il turno di fine ottobre. La domanda per gli investitori in vista del voto è quanto grande sarà il margine di voti tra il presidente in carica Mauricio Macri (centrodestra) e il suo avversario, rappresentante dell’opposizione di centrosinistra Alberto Fernandez a sua volta sostenuto dall’ex leader populista Cristina Fernandez de Kirchner.
Il motivo?
La legge elettorale prevede come vincitore il candidato che otterrà almeno il 45% dei voti totali, o il 40% ma con uno scarto del 10% sull’avversario. Ebbene, un risultato che vedesse Fernandez vicino al 45% sarebbe un elemento preoccupante per il mercato con probabili movimenti volatili nei mercati valutari, peso in primis. Infatti Fernandez è da sempre contrario alle misure di austerità adottate da Macri ma che, a loro volta, sono gradite al mercato.