In miei precedenti articoli altre volte mi sono occupato di questioni legali.
Oggi affronto, sempre in ambito giuridico, un tema particolarmente delicato:
Vale la pena fare una causa?
Quante volte abbiamo sentito l’espressione fare una causa, intentare una causa (o resistere in una causa), adire le vie legali, ed altre analoghe?
Bene, oggi tentiamo di dare una risposta proprio al dubbio principale che assume molte persone al riguardo, dal momento che sicuramente il prendere una decisione in merito ad una controversia è rilevante in termini economici e non solo.
Dal punto di vista delle finanze (visti anche i costi che, in molti casi, si devono sostenere), ma anche dal punto di vista piscologico.
I tempi di una causa in Italia sono spesso lunghi, ed anche la situazione di incertezza prima dell’esito non è un elemento certo da sottovalutare, anche dal punto di vista piscologico.
A volte, poi, questi tempi si allungano a causa dei diversi gradi di giudizio.
E, quindi, vale la pena fare una causa?
O resistere in giudizio a chi ci fa causa?
Intanto va precisato che non sempre abbiamo questa possibilità di scelta.
Ad esempio, solitamente in ambito penale, a parte la specifica situazione in materia di decreti penali di condanna, se uno viene iscritto nel registro degli indagati, esiste un procedimento nei suoi confronti e quindi bisogna difendersi.
Anche se poi sussiste la possibilità di scelta tra riti diversi, ognuno con i suoi pro ed i suoi contro.
La cosa migliore da fare
Naturalmente la prima cosa che verrebbe in mente è quella di affidarsi ad un legale specializzato nella materia della causa.
Ma alcuni consigli si possono mettere comunque in atto autonomamente o in collaborazione con il legale che vorreste scegliere.
Esame dei fatti
Uno dei primi passi da compiere è l’esame dei fatti. O meglio, delle prove dei fatti. Da soli, se siete già sufficientemente esperti, o in collaborazione con il legale che vi segue, dovete considerare quali sono le prove a vostro favore, e quelle a favore della controparte.
Avendo, ovviamente, l’accortezza di considerare che le regole relative alle prove non sono uguali in tutti i rami dell’ordinamento giuridico.
Ad esempio, il principio fondamentale è quello che la parte che ha interesse a dimostrare un fatto la deve provare, e questo è un principio generale che vale soprattutto in ambito civilistico, a parte alcune eccezioni.
Ma, ad esempio, questo costituirebbe una grave violazione dello stato di diritto, se fatto valere in ambito penale.
Ecco, quindi, che in un processo penale vale invece il principio, costituzionalmente rilevante, della presunzione di NON colpevolezza. Nel senso che sarà l’accusa a dover dimostrare la colpevolezza.
Sarà quindi opportuno domandarsi quali siano le prove in mano all’accusa, perché se non ve ne sono, o sono contraddittorie, l’accusa dovrebbe decadere.
Occorre poi considerare che in determinati ambiti, in particolare nel civile, le prove hanno prevalentemente un valore legale. Cosa significa?
Significa che il valore che la prova assume non dipende dalla valutazione del giudice, ma è predeterminato per legge.
Invece nel penale le prove sono soggette alla valutazione discrezionale del magistrato.
In alcuni ambiti, poi, vi sono determinate presunzioni, a favore di una delle parti e contro l’altra parte.
Sarà quindi quest’ultima a dover dimostrare il contrario di quanto previsto dalla presunzione.
Ad esempio, in materia di illeciti amministrativi/tributari, il fisco ha a sua disposizione delle presunzioni, e spetterà quindi al contribuente dimostrare il contrario di quanto presunto.
Ma questo non vale nel penale. Quindi, se anche il fisco potesse contestarvi una evasione, in base a qualche presunzione, questa non potrà valere come prova contro di voi in un processo penale, perché spetterà all’accusa dimostrare che quanto presunto dal fisco, a livello di illecito amministrativo, è anche fornito di prova di colpevolezza nel processo penale, se quella fattispecie rappresenta anche un reato.
Questo esame delle prove, e della ricostruzione dei fatti che si può desumere dalle stesse, è importante perché costituisce la prima tappa da compiere.
E’ di qui che si parte.
Ma ovviamente non basta.
Vale la pena fare una causa? Esame in punto di diritto
Una volta compiuto l’esame sulle prove e sui fatti, viene la parte più prettamente giuridica. Occorre valutare quali conseguenze possano derivare alle parti, se passa una ricostruzione dei fatti, basata sull’esame delle prove (vedi precedente paragrafo).
Altro aspetto è quello di definire tutti quegli elementi che possono andare a favore di una parte o dell’altra.
Come la nullità di atti giuridici, piuttosto che scadenze di determinati termini, con possibili conseguenze pro o contro.
Ulteriori elementi, quindi, che possono influire sull’esito finale di un processo.
Ad esempio, in un processo penale a querela di parte, poco o nulla importa per un avvocato che nei confronti del proprio assistito vi siano, come si suol dire, prove schiaccianti, in presenza di determinate situazioni.
Come nel caso in cui l’avente diritto abbia presentato la querela in una forma scorretta, se non è possibile ripresentarla, perché ormai è passato il termine di tre mesi per la sua proposizione.
Oppure nel caso in cui la querela, anche se formalmente in regola, sia stata già comunque inizialmente presentata oltre i 3 mesi. In tali casi mancherebbe la condizione di procedibilità per poter proseguire nel processo, ed il proprio assistito avrebbe risolto i propri guai con la giustizia, in quanto il giudice dichiarerebbe il cosiddetto non luogo a procedere, ai sensi dell’articolo 529 del codice di procedura penale.
E, anche in base a molteplici casi concreti, che le statistiche ci indicano, tale proposizione tardiva interviene più spesso di quanto non si creda.
Molteplicità di casi e di situazioni
Naturalmente, a fronte della molteplicità di situazioni che si possono presentare, non è possibile dare indicazioni più precise, in quanto ogni singolo caso va attentamente vagliato.
Ma ecco un consiglio che vale sempre, in tutti i casi.
Quando vi recate da un legale, prima di scegliere se affidargli il caso che vi riguarda, e conferirgli quindi la procura alle liti, o nominarlo vostro legale in un processo penale, vi consiglio di non limitarvi a esporgli il vostro caso.
Domandategli anche di compiere una valutazione preventiva, un po’ come ho cercato di esemplificare di sopra, ed in particolare di valutare pro o contro di una vostra difesa, e di illustrarvi questi punti.
Quindi vi consiglio, prima di affidargli il caso, di tenere con lui almeno due incontri.
Nel primo gli illustrerete il caso. Poi gli lascerete il tempo di approfondire i vari elementi, di fatto e di diritto, come sopra abbiamo visto, e nel secondo colloquio potrete valutare se il legale abbia compiuto tale preliminare disamina.
Alcune volte, a fronte di una particolare competenza nella singola materia, potrebbe anche darsi che il legale già sappia valutare al primo appuntamento.
Pertanto, in base a quanto emergerà in tali incontri preliminari, potrete farvi un’idea dei pro e dei contro che emergono e quale grado di approfondimento è stato effettuato dal legale prescelto.
Ma potrete anche valutare fino a che punto avete a che fare con un legale disponibile a condividere con voi le motivazioni delle scelte che si devono compiere.
A volte potreste capitare da uno di quei legali che preferiscono che gli accordiate fiducia assoluta, all’insegna del: dai a me il mandato e fidati. Non ho tempo per spiegarti.
Se a voi va bene tale tipo di legale, ok, no problem. Ma personalmente, non ve lo consiglio.
L’affidamento dell’incarico
E, quindi, se decidete di non affidargli un incarico senza previa analisi del caso, sapete ormai cosa dovete fare, seguendo le indicazioni di sopra.
Ultima notazione in materia di valutazione preliminare di un caso giuridico: a volte, soprattutto se la materia è particolarmente articolata e complessa, il legale, per compiere un’analisi preliminare, potrebbe già domandarvi una parcella. O meglio, mettere a vostro carico il costo di questo esame preventivo, da inserire poi in parcella.
E’ giusto, in quanto compiere tale analisi preliminare significa già entrare nel merito delle questioni da affrontare. Altra questione è se poi le tariffe del singolo professionista siano eque o troppo elevate, ma questo è, appunto, un altro discorso.
Comunque ricordate: sempre preferibile compiere un’analisi preliminare, piuttosto che decidere di fare una causa sempre e comunque. E ricordate anche che non è vero che tutto dipende solo ed esclusivamente dalla bravura del vostro legale quando vi chiederete se vale la pena fare una causa.
Anche i cosiddetti principi del foro possono perdere.
Molta importanza hanno i fatti, o meglio le prove dei fatti e le conseguenze giuridiche che l’ordinamento prevede.
Questo un avvocato serio lo sa e deve dire onestamente al proprio assistito cosa sinceramente pensi del suo caso. Fermo restando, ovviamente, che un margine di incertezza potrebbe riguardare la maggior parte dei casi, soprattutto in quelle materie dove la ricostruzione dei fatti dipende principalmente dalla valutazione discrezionale dei giudici. E, quindi, prevalentemente in ambito penale.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT“