Una tassa non dovuta che potresti dover pagare

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Gli Esperti di ProiezionidiBorsa hanno trattato più volte il tema degli investimenti sottoscritti con finalità di pura diversificazione e copertura. Un esempio classico è l’oro che, in quanto bene rifugio, ha un andamento di solito opposto rispetto al mercato azionario. Questa tendenza è definita decorrelazione ed è alla base di molte strategie di investimento. In altre parole, si investe parte del proprio capitale in strumenti che dovrebbero avere un andamento non simmetrico rispetto ad altri. In questo modo ci si crea una copertura in caso di andamento negativo dei mercati. Spesso i risparmiatori decidono di investire in valute diverse dall’euro, proprio per diversificare il proprio portafoglio. Inoltre, la legge non prevede una tassazione per chi detiene valuta estera per un controvalore inferiore ai vecchi 100 milioni di lire. Insomma, un risparmiatore può investire fino a 51.645 euro, coprendosi dai rischi e dal Fisco?

Cosa dice la legge

La normativa di riferimento è il D.P.R. 917/1986. L’articolo 67 comma 1 prevede l’applicazione di un’aliquota fiscale se si supera un controvalore di 100 milioni di vecchie lire. Ossia 51.645 euro. Quindi fino al raggiungimento di quella quota, il risparmiatore può stare tranquillo. In realtà però, c’è una tassa non dovuta che potresti dover pagare lo stesso. La circolare 165/1998 infatti, stabilisce che il calcolo deve considerare il tasso di cambio di inizio anno.

Insomma, il MEF considera le valute in maniera completamente diversa dagli altri investimenti. Con diversi possibili svantaggi per i risparmiatori. In questa confusione, ricordiamo ai Lettori che il trattamento fiscale previsto per le criptovalute, è un altro ancora. Anche se permane il limite di 51.000 euro. A questo proposito consigliamo un nostro recente approfondimento.

Un esempio pratico

Per capire meglio il meccanismo di una tassa non dovuta che potresti dover pagare lo stesso, facciamo un esempio pratico. Un risparmiatore decide di acquistare valuta straniera per un controvalore di 40.000 euro. Magari dopo che l’euro si è apprezzato fortemente sull’altra divisa. Nel corso dell’anno il cambio rimane sostanzialmente invariato. Il risparmiatore è contento ugualmente perché la componente di portafoglio in valuta straniera ha fatto il suo lavoro. Ossia ha protetto il capitale dell’investitore da eventuali crolli dei mercati azionari. Inoltre, il controvalore non ha mai superato la soglia prevista, quindi non ci sarà alcuna tassa da pagare.

Qui entra in gioco la circolare del MEF. Il controvalore da considerare ai fini fiscali, infatti, è retroattivo al primo gennaio. In quella data la valuta straniera valeva molto di più rispetto all’euro. Proprio per questo il risparmiatore ha deciso di acquistare quella specifica valuta. Se il controvalore fosse stato superiore a 51.654 euro, scatterebbe la beffa.

Una tassa non dovuta che potresti dover pagare

Il risparmiatore dovrebbe infatti indicare la valuta straniera nella propria dichiarazione dei redditi. La beffa di una tassa non dovuta che potresti dover pagare sta proprio in questo obbligo. Infatti, il risparmiatore dovrebbe non solo pagare la tassa prevista ma anche presentare la dichiarazione. Rinunciando necessariamente al 730 precompilato e spendendo dei soldi per effettuare l’ulteriore adempimento fiscale. In conclusione, ricordiamo sempre di controllare attentamente il controvalore al primo gennaio delle valute che intendiamo acquistare. Il Fisco, infatti, è sempre in agguato.

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