Umidità in casa: di chi è la responsabilità

umidità

Uno dei maggiori problemi che si può presentare in casa, particolarmente antiestetico e dannoso, è rappresentato dall’umidità. Umidità in casa: di chi è la responsabilità?

Inoltre, se la casa è stata concessa in locazione, tale fenomeno può diventare oggetto di scontro tra proprietario e inquilino. In tal caso, per stabilire su chi gravano le spese per il ripristino degli ambienti, occorre distinguere se si tratta di umidità di risalita oppure di condensa. In ogni caso, se la situazione dovesse diventare talmente grave da compromettere la vita quotidiana, l’inquilino può chiedere la risoluzione anticipata del contratto di locazione. Inoltre, l’umidità di condensa può comportare l’insorgere di controversie anche in ambito condominiale, nel caso in cui si manifesti in un appartamento di proprietà esclusiva.

Partiamo dall’operare la distinzione tra umidità di condensa e quella di risalita.

Umidità in casa: di chi è la responsabilità?  Quella di condensa, si forma quando, a causa di un brusco cambiamento di temperatura, il vapore acqueo passa dallo stato aeriforme a quello liquido. In tal modo, esso comporta la formazione di goccioline sulle pareti e sui soffitti. Il vapore acqueo può derivare da fonti quali:

– dalla normale umidità di una stanza;

– o dalla respirazione delle persone presenti in una stessa stanza;

– dalla cottura dei cibi; – in bagno, dall’apertura dell’acqua calda. Invece, il cambiamento di temperatura, può essere provocato da:

– un isolamento termico delle pareti o del tetto non effettuato a regola d’arte;

– infissi vecchi o con guarnizioni insufficienti; – presenza di ponti termici, ovvero di punti in cui l’aria calda si incontra con quella fredda, non isolati in maniera adeguata;

– una scarsa ventilazione o dal poco ricircolo dell’aria;

– uso di materiali (pitture, rivestimenti o isolamenti) non traspiranti. L’umidità di condensa si manifesta con:

1) la formazione di puntini scuri ovvero di macchie di muffa, di colore nero o verde, sulle pareti e sui soffitti.

2) Il decadimento delle pitture e dell’intonaco.

3)Lo sfogliamento delle pitture e la polverizzazione dell’intonaco;

4) il danneggiamento degli oggetti in legno come ad esempio di mobili, travi e infissi.

5)La formazione di odori sgradevoli. L’umidità di condensa si forma soprattutto vicino agli infissi, nella parte alta delle pareti di bagni e cucine ed in generale nei punti più freddi della casa.

 Di risalita

L’umidità di risalita, non è altro che il manifestarsi di una risalita di acqua dal basso verso l’alto. Cioè, l’acqua presente nel sottosuolo si incanala attraverso i capillari delle murature, camminando lungo le pareti fino a bagnare i muri. I modi in cui si manifesta sono: – aloni scuri; – sfarinamento e distacco dell’intonaco; – odori sgradevoli. L’umidità di risalita può concentrarsi in soli pochi punti oppure estendersi su tutta la parete. In ogni caso, le macchie vanno dal basso verso l’alto. Tale tipo di umidità è assai grave perché colpisce soprattutto la parte strutturale ed interna del muro e tende ad espandersi con il tempo.

Umidità in casa: di chi è la responsabilità

Fatta la distinzione tra umidità di condensa e di risalita, vediamo come vanno ripartite le responsabilità. In particolare, in caso di appartamento locato, le spese per il ripristino degli ambienti tra proprietario ed inquilino si dividono come segue. In generale, in caso di contratto di locazione, la legge prevede che il locatore consegni all’inquilino l’immobile in buone condizioni.

Il tutto, in modo tale da servire all’uso convenuto per tutta la durata del contratto. A sua volta, l’inquilino è obbligato a mantenere l’immobile in buone condizioni e a riconsegnarlo nello stato originario. Ciò premesso, occorre chiarire che, in caso di condensa, il fenomeno è da attribuirsi a una cattiva manutenzione dell’immobile da parte dell’inquilino. Cioè, lo stesso deve aver posto in essere quei comportamenti che hanno provocato la comparsa dell’umidità di condensa come ad esempio: – non avere fatto arieggiare la casa con frequenza; – avere fatto asciugare il bucato in casa; – avere sottoposto l’abitazione a sbalzi di temperatura. Ad esempio, regolando i termosifoni al massimo e poi passando al freddo totale.

In siffatte ipotesi, l’inquilino deve rimuovere l’umidità di condensa con prodotti specifici ed evitare i comportamenti errati su indicati.

Inoltre, può chiedere al proprietario di acquistare dei deumidificatori o installare una ventola nel bagno e una cappa aspirante in cucina. Invece, nei casi di umidità di risalita è il proprietario dell’appartamento che deve provvedere a risanare le murature danneggiate.

In questa ipotesi, infatti, l’umidità dipende da difetti strutturali dell’immobile. Si pensi, al non corretto isolamento delle pareti o la sua costruzione su un terreno dove sono presenti delle falde acquifere. Di ciò, di certo, non può essere chiamato a rispondere l’inquilino. In caso di dubbio in merito al tipo di umidità, qualora dovessero insorgere controversie sul punto, è bene rivolgersi ad un tecnico. In questo caso occorre un ingegnere o un architetto.

Condensa in condominio

L’umidità di condensa è stata oggetto di controversia anche in ambito condominiale. Sul punto si è espressa di recente la Corte di Cassazione. Essa ha precisato che se la causa dell’umidità verificatasi all’interno di un immobile proviene da cause endogene come la condensa, la responsabilità è del singolo condomino. Ciò accade se la causa è prevalentemente endogena e solo marginalmente riconducibile problemi riguardanti la facciata esterna dello stabile. Sicchè, in un caso del genere, i danni cagionati dalla condensa restano a carico del condomino, non essendo accollabili al condominio.

Ciò in quanto il fenomeno della condensa costituisce un fatto naturale. Pertanto, i danni che ne derivano non possono essere evitati con l’ordinaria manutenzione della facciata esterna dell’edificio. Tuttavia, il condomino può agire contro il costruttore, qualora le problematiche legate alla condensa siano state causate da vizi di costruzione dell’edificio. L’azione deve essere iniziata nel termine di 10 anni dal compimento dell’edificio e, comunque, entro 1 anno dalla denunzia del vizio