Ci sono due mine vaganti tra i Paesi emergenti che in generale mostrano segnali di recupero: si tratta di Turchia ed Argentina.
Turchia e Argentina
Pare che l’allarme sulla Turchia sia stato convalidato e mostrato al mondo da un deflusso di circa mezzo miliardo di dollari dall’ ETF sugli Emerging Bond di JP Morgan.
Ci è voluto qualche giorno per capirne la causa ma poi fu chiaro che fu il rischio Turchia a muovere una massa così ingente di denaro.
Preoccupazione che per contagio potenziale inevitabilmente riguarda anche tutti gli altri Paesi emergenti.
A confermare la gravità della situazione è poi arrivata un’inchiesta del Financial Times.
Lo scoop giornalistico rivelò che la Banca centrale turca aveva bruciato circa un terzo delle sue riserve valutarie per frenare il nuovo crollo della Lira turca, tornata nel mirino della speculazione internazionale.
Folle corsa di Ankara ai finanziamenti di breve
Come vediamo dalla tabella Ankara ha provato a contrastare gli attacchi alla propria moneta tramite una crescente onda di swap, ovvero finanziamenti di breve in dollari.
Le autorità monetarie turche hanno preso ad utilizzare questi finanziamenti di brevissimo termine al fine di potenziare le proprie riserve.
Una mascherata monetaria di corto respiro.
Facilmente leggibile tanto che la speculazione ha capito cosa stava accadendo con le riserve valutarie che dopo una graduale discesa erano improvvisamente risalite verso i massimi.
La presunzione di poter difendere la Lira turca con queste manovre evidenti e tardive è stata grottesca quanto rischia di risultare inefficace sia nel breve che a tendere.
Tanto più che dalla ricerca del Financial Times emergeva come la somma messa insieme fosse comunque insufficiente per tenere protetta la moneta locale vista la forte esposizione debitoria e il saldo negativo della bilancia commerciale.
Le riserve valutarie sono sì aumentate ma quanto potrà reggere questa difesa è tutto da verificare.
Una manovra azzardata che rischia di costare il default
Proprio nel momento in cui i Paesi emergenti nel loro insieme mostrano una aria di ripresa questo rischio Turchia incombente getta nuovamente, soprattutto sugli emerging bond un’ ombra preoccupante.
Anche perché sappiamo bene che nel caso si scatenasse il panico sarebbero proprio i cittadini turchi e mettersi a vendere le proprie Lire alla ricerca di un porto sicuro nel dollaro o in altre valute forti.
Il grafico sottostante ci mostra chiaramente l’esposizione debitoria della Turchia.
E’ facile immaginare che a breve parta un nuovo attacco che potrebbe vedere congiungersi vendite internazionali con quelle degli stessi cittadini turchi: vale a dire il disastro per la Lira turca e lo stesso governo di Ankara.
Tanto più che sono in arrivo, da qui a un anno, ben 118 miliardi di scadenze di titoli denominati in Dollari che il Ministro del Tesoro della Turchia dovrà affrontare…
Anche l’Argentina vuole la sua parte
Tanto per dare ancora più credito a una potenziale crisi sui Paesi emergenti o almeno sugli emerging bond si si è poi messa nuovamente l’Argentina.
Dalle parte di Buenos Aires si è registrato infatti un picco di inflazione del 4,7% su base mensile.
Era dall’autunno scorso che non si vedeva un numero così elevato.
Senza contare che su base annua si è passati al 54,7% dal 51,3%, come mostra il grafico e come ci mostra il grafico il trend inflazionistico è veramente drammatico.
Ovviamente questo stato di cose mette a rischio la potenziale rielezione del presidente, Mauricio Macri.
L’accordo non da tutti apprezzato da 50 miliardi di dollari col FMI rischia di trasformarsi in un boomerang più che in un successo diplomatico.
Tanto più che a Buenos Aires si sono messe in scia ad Ankara nella disperata intenzione di salvare la propria moneta da svalutazioni eccessive.
La Banca centrale argentina ha infatti fissato banda di oscillazione per il peso valida fino a fine 2019, il tutto nel tentativo di evitare nuove svalutazioni.
Non solo il governo ha infatti deciso il congelamento del prezzo di 60 prodotti alimentari fino a ottobre prossimo.
Si tenga conto che da quanto si apprende da report attendibili l’Argentina sta già oggi vendendo circa 60 milioni di dollari al giorno sul mercato.
E sono i denari che il FMI le ha concesso ma non certo gratis…
Pare proprio che il governo argentino sia in tilt
Per gli economisti il controllo dall’alto dei prezzi e la attività di protezione valutaria manipolata sono la logica sequenza di un tipo di politica economica che sta alla base della nuova crisi argentina.
Senza contare che da più parti si avanza il sospetto che queste manovre per lo meno azzardate siano indirizzate a favorire la rielezione del presidente Macri
Insomma per ora la mina vagante dei paesi emergenti messa a punto da Turchia e Argentina viene tenuta inesplosa ma prima o poi a qualcuno potrebbe fare comodo lasciarla deflagrare…