Taiwan: la storia si ripete a parti invertite?

Taiwan

Per chi volesse capire come potrebbe aprirsi la settimana delle Borse internazionali, un segnale importante potrebbe essere quello di listini come il Nikkei o gli indici di Taiwan. Un segnale negativo che non fa ben sperare, complice una delicata situazione internazionale. La domanda da porsi è la seguente su Taiwan: la storia si ripete a parti invertite?

Questa settimana, infatti, i listini azionari potrebbero risentire i pesanti effetti delle mire egemoniche cinesi sull’isola di Formosa e la possibile caduta in una spirale, che sotto molteplici aspetti ricorda la crisi dei missili di Cuba del 1962, ma a parti invertite. È quanto previsto da taluni analisti ed in parte concordiamo.

Taiwan: la storia si ripete a parti invertite?

Nel 1962 Cuba fu teatro di una delle più pericolose crisi internazionali del secolo scorso. L’URSS tentò di installare sull’isola basi di missili atomici, che avrebbero potuto raggiungere il territorio USA a breve distanza ed in un tempo ridotto, in modo che non vi fosse la possibilità di una reazione, sufficiente per lanciare i missili americani dislocati a terra, prima che questi venissero distrutti dall’attacco nemico.

Ovviamente gli USA avevano altre armi atomiche non dislocate a terra, come i missili balistici su bombardieri atomici o su sottomarini, ma parte significativa dell’arsenale atomico era dislocato in silos a terra, ed un attacco da Cuba avrebbe potuto abbatterlo in poco tempo, in tal modo sovvertendo l’equilibrio tra superpotenze.

Nel caso di Taiwan, invece, è la Cina comunista, il gigante a terra, che vorrebbe impossessarsi dell’isola, considerandola una ribelle sottrattasi al proprio dominio territoriale, quando le truppe nazionaliste vi si rifugiarono, sconfitte dai comunisti di Mao.

La strategia cinese ed il ruolo delle potenze occidentali

Negli ultimi giorni il cielo taiwanese è stato attraversato da alcune incursioni di aerei militari cinesi.

In quanto tale non è certo un fatto nuovo, se non per il numero degli aerei, e per la presenza anche di bombardieri strategici, in grado di lanciare un attacco atomico.

La strategia cinese è infatti da tempo quella di far decollare aerei della difesa taiwanese, con un duplice scopo. Tenere sotto continua pressione il nemico, e consumarne la capacità residuale. Infatti, ogni volta che un aereo si alza in volo, diminuisce il tempo utile ad un successivo riutilizzo, e quindi deve essere rimpiazzato prima. Un modo per portare ad esaurimento le risorse taiwanesi, analogo all’utilizzo di dragamine cinesi per la sabbia, che distruggono l’habitat intorno all’isola, peraltro ogni tanto tranciando anche qualche cavo sottomarino. E producendo un impoverimento delle risorse dell’isola.

Per contrastare le mire egemoniche della Cina comunista, quella nazionalista aveva anche pensato di dotarsi di un proprio arsenale atomico. Questo progetto fu abbandonato su pressione americana, a fronte del timore di una escalation pericolosa, come quella che condusse alla crisi dei missili di Cuba.

In ambito internazionale sono solo una quindicina gli Stati che riconoscono il Governo autonomo di Taiwan. Ma anche gli USA, che pur non lo riconoscono formalmente, sono ben consapevoli del rilievo strategico dell’isola, tanto che le forniscono armi e supporto.

Tuttavia, non è mai stato chiarito formalmente se interverrebbero militarmente a sostegno dell’isola, in caso di tentata invasione da parte cinese.

Ma la risposta più probabile è positiva. Del resto, transitano in quei mari diverse unità navali occidentali, non solo USA, ma anche britanniche, dotate di un arsenale nucleare e convenzionale di tutto rispetto. Ed anche la recente alleanza tra Australia, USA ed Inghilterra, Aukus, tende effettivamente a contrastare le mire egemoniche cinesi.

Cambia la dottrina atomica cinese?

L’importanza di dotarsi di un arsenale atomico, per impattare sulle sorti delle vicende internazionali, lo si è già verificato nei rapporti tra Cina ed USA.

I secondi, ad esempio, minacciarono la Cina di pesanti ritorsioni atomiche, nel   caso si fosse inserita in situazioni, come la guerra di Corea.

Anche da tali vicende scaturì la dottrina atomica cinese. Dotarsi di un arsenale atomico non per sferrare un primo attacco, ma per difendersi.

Ma non è detto che, in caso di guerra contro Taiwan, la dottrina non muterebbe.

Non contro l’isola, ovviamente, anche perché una volta conquistata, la Cina comunista vorrebbe ovviamente utilizzarne pienamente il potenziale strategico ed economico. Obiettivo che sarebbe impedito nel caso di contaminazione atomica.

Ma non si esclude un uso dell’arsenale atomico, come deterrente nei confronti di stati che intervenissero direttamente a supportare l’isola militarmente, essenzialmente Gran Bretagna ed USA.

Ovviamente potrebbe darsi che quei voli di velivoli militari cinesi siano solo una delle tante dimostrazioni di arroganza e di forza, manifestate da Pechino, anche per dimostrare la propria irritazione per l’alleanza Aukus.

Ma nulla può essere escluso a priori, anche se lo sfoggio di velivoli dotati di capacità atomica pare più un monito alle potenze occidentali di non intervenire, in caso di invasione cinese, che altro.

Ma al contempo anche tale monito a cosa dovrebbe preludere?

Il ruolo di Taiwan è strategico anche per il Giappone

Continuando rispetto alla domanda iniziale “Taiwan: la storia si ripete a parti invertite?”, c’è da dire che il ruolo di Taiwan, in funzione geostrategica, non è solo fine a se stesso.

L’isola rivesta una fondamentale importanza anche nei confronti della difesa del Giappone.

La storia di quell’area del mondo è stata infatti attraversata anche da contese territoriali tra Cina e Giappone, nemici potremmo dire da molto tempo, se non proprio da sempre.

E la Cina ancora oggi ricomprende tra le proprie rivendicazioni territoriali anche parte delle isole, appartenenti invece al territorio nipponico.

Insomma, le acque si stanno surriscaldando da quelle parti.

La guerra scoppierà entro il 2026?

Secondo diversi analisti sarebbe il 2026 il limite temporale che la Cina si sarebbe data per occupare il territorio taiwanese.

Anche per soddisfare le personali ambizioni di Xi Jinping di essere ricordato come il dirigente che riunificò le due Cine prima della scadenza del suo mandato.

A quel punto di aprirebbe un altro rilevante interrogativo.

Gli USA ed i suoi alleati starebbero a guardare o entrerebbero nel conflitto, come già successo, ad esempio, con il Vietnam?

Il rilievo strategico dell’isola ci fa propendere per la seconda risposta.

A proposito di “Taiwan: la storia si ripete a parti invertite?”, concludiamo questa nostra analisi formulando la seguente opinione.

Probabilmente a breve non assisteremo ancora ad un tentativo di invasione da parte cinese, ma se la Cina proprio dovesse decidere di ricorrere alle armi, molto probabilmente lo farebbe entro il 2026.

Ed a quel punto ben difficilmente gli USA, in primis, potrebbero sottrarsi ad un intervento diretto.

Pertanto il rischio di una escalation effettivamente sussiste. Potrebbe ripetersi quanto già andato in onda, sullo scacchiere internazionale, con la crisi dei missili di Cuba nel 1962.

Questa volta come finirebbe?

È decisamente prematuro formulare opinioni al riguardo. Possiamo comunque ritenere che molto probabilmente Taiwan, se già non è segretamente successo, sarebbe rifornita di armamento nucleare tattico da usare sul terreno di battaglia, in primis contro unità navali cinesi.

E quindi la Cina si troverebbe di fronte alla seguente alternativa. O controbattere con armi tattiche, in tal modo contaminando il territorio, che invece si vorrebbe poi utilizzare a proprio favore, una volta invaso, oppure abbandonare in rapida ritirata lo scenario delle operazioni.

Al momento, possiamo quindi ritenere che la valutazione dei costi e dei benefici tuttora penda dalla parte dei primi. Per il futuro nulla può essere escluso, e neppure che a un certo punto voglia predominare una sorta di revanscismo comunista, costi quel che costi.

Al momento le borse nipponica a taiwanese incassano le rinnovate tensioni, con un inizio di settimana al ribasso.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT