Nelle ultime sedute si era visto serpeggiare un incoraggiante ottimismo. Il trend al rialzo, poi, aveva raggiunto punte di entusiasmo non più tardi di ieri con Piazza Affari che recuperava quota 25mila punti. Oggi, invece, le cose procedono più a rilento. Un indizio potrebbe essere fornito dall’andamento delle quotazioni del petrolio. In leggero calo nei giorni scorsi, attualmente registra una ripresa che gli permette, comunque, di rimanere al di sopra dei 105 dollari al barile.
Parlando di petrolio è facile pensare al settore energetico ormai protagonista delle cronache finanziarie. Di oggi, ad esempio, il Buy di Banca Akros e di Equita sull’italiana ENI. Ma anche Leonardo ha incassato, sempre da Equita e da Banca Akros, un rating Buy così come Nexi.
Guardando ai mercati, già in apertura, gli operatori hanno avvertito una debolezza che, si sperava, si sarebbe dissolta in presenza di colloqui di pace tra Russia e Ucraina. Colloqui che mai prima d’ora avevano offerto segnali di speranza così chiari. O per lo meno apparentemente tali. Infatti se da Washington sono arrivati i primi dubbi, dal terreno di guerra, ovvero dall’Ucraina, arrivano notizie di combattimenti che continuano.
Ma sui mercati, stavolta è la paura di una recessione a far intravedere già in apertura un segno meno che getta acqua sul fuoco dell’entusiasmo delle scorse sedute. Infatti, come accennato in altre occasioni, sono diversi gli elementi che frenano gli acquisti. Prima di tutte la già nota inversione della curva dei rendimenti sui titoli di Stato, biennali e trentennali, USA. Pur non trattandosi di una prova matematica di una recessione in arrivo ma solo di un indicatore statistico, peraltro nemmeno preciso, a far aumentare l’ansia è, comunque, il quadro geopolitico contingente.
Stavolta è la paura di una recessione a rallentare la corsa sui mercati azionari
Infatti arriva la notizia secondo cui la Duma, il Parlamento russo, sarebbe intenzionato ad avanzare la proposta di chiedere il pagamento in rubli anche per altre materie prime esportate. Notizia che segue le dichiarazioni, giunte dall’OMS, che parlano di una possibile “catastrofe alimentare mondiale”. Molte Nazioni, infatti, dipendono in gran parte dalle esportazioni ucraine di grano. A dichiararlo è stato David Beasley, direttore esecutivo del Programma alimentare mondiale delle Nazioni Unite che ha aggiunto come l’aumento dei costi delle materie prime e dei trasporti, abbia costretto la stessa organizzazione a limitare la sua azioni di soccorso (spesso le stesse razioni di cibo) a milioni di rifugiati nel Mondo.