In molti Stati del mondo la Fase-2 è ufficialmente ripartita, col grosso delle attività tornate a regime. Le novità non mancano: molte di queste già le si sapeva e riguardano le misura di distanziamento e protezione. Altre sono nuove e sono a dir poco bizzarre. Una in particolare sta facendo il giro del mondo: di cosa si tratta? Negli States l’industria della ristorazione sta applicando dei “Covid-19 surcharge”, ovvero una sorta di “supplemento danni” per il lockdown. Non in tutti e 50 gli Stati, ma nei principali dell’Est tale fee si va diffondendo I consumatori americani sono ovviamente furiosi e si chiedono se sia stato o meno uno scherzo di pessimo gusto. Vediamo di più, e a quanto ammonta, di questo sovrapprezzo Covid-19 sullo scontrino: provocazione o futuro prossimo?
I motivi a base della decisione
Durante il lockdown i ristoranti americani hanno subito ingenti perdite. Una piccola ancora di salvezza è stato il take-away e le consegne a domicilio, ma è stata poca cosa rispetto ai volumi d’affari standard. Ad aggravare la situazione ci ha pensato l’aumento generalizzato dei prezzi della carne, circa +8,1% alla fine di aprile. La catena dei rifornimenti è inceppata, l’offerta scarseggia, il prezzo è salito. Per gli esperti i rincari nelle prossime settimane potrebbero spingersi ancora fino ad un ulteriore +20%. In pratica una parte dei gestori USA si è trovata davanti a un bivio. Aumentare i prezzi su tutta la linea o applicare un “una tantum” che coinvolgesse tutti i rincari? Hanno scelto la seconda, anche per non stravolgere l’intero impianto dei prezzi finali e disorientare il consumatore finale.
Gli USA: un passo avanti sempre, anche nei “cattivi esempi”
A cosa ha condotto tutto questo insieme di cose? A una rivisitazione del listino prezzi all’insù. La catena di ristoranti “Kiko Japanese Steakhouse & Sushi Lounge” è solo uno dei tanti che ha applicato una fee, un supplemento del 5% sul totale. la figura in basso (fonte: Fox News) ne è una riprova.
Negli States ormai l’hanno battezzata “Covid-19 surcharge” e sulle porte dei ristoranti ormai la rendono nota tutti i locali. Ma anche sui loro siti online come anche davanti le casse, di modo che nessuno potesse “recriminare” poi. Intervistati dalle tv USA, molti di essi si dichiarano pronti a fare il passo indietro non appena la situazione si ristabilirà. Saranno di parola? Di norma i prezzi dei beni si rivelano rigidi una volta aumentati. Ossia mostrano scarsa elasticità nel tornare indietro una volta che la “cattiva abitudine”, il rialzo, è stato “metabolizzato” dai clienti.
Piogge di offese
L’impatto della decisione tra i clienti americani non è stato “soft”. Anzi, qualche ristorante è stato costretto a fare marcia indietro (ma aumentando i prezzi del menù) per via delle accuse. Anzi, spesso erano delle vere e proprie offese, giunte per telefono ma anche via social o nei “diverbi live”. In altri casi i locali sono stati subissati di così tante recensioni negative che si son visti distrutti reputazioni decennali.
Correremo lo stesso rischio anche noi in Europa?
Purtroppo spesso i cattivi esempi prendono piede veloce. Per cui non è da escludere a priori possibili imitazioni da parte di qualche imprenditore. Se non proprio nella forma della fee diretta, si passerebbe per un aumento dei prezzi finali di vendita. Ci sarà dunque un sovrapprezzo Covid-19 sullo scontrino: provocazione o futuro prossimo anche in Europa e in Italia? Qualche giorno fa su qualche social si paventava un possibile rialzo dei prezzi specie nel servizi turistici. “Forti” del tax-credit governativo alle spalle, si leggeva, qualche imprenditore potrebbe anche essere tentato di fare ritocchi. Al momento non vi sono riprove, e si spera che restino solo dei lontanissimi timori. Perché poi, in fin dei conti, la crisi ha toccato tutti: aziende e percettori di reddito da lavoro, nessuno escluso. Staremo a vedere.