L’art. 15 della Costituzione sancisce l’inviolabilità della segretezza e della libertà della corrispondenza. In quest’ultima, in un’accezione moderna, vi rientrano anche le e-mail e i messaggi sul cellulare, oltre alle lettere cartacee. Sicché, la violazione della stessa integra reato.
Sul punto, dunque, si ci chiede se, in ambito familiare, un comportamento siffatto possa assumere un rilievo attenuato. Allorquando serva a stanare eventuali tradimenti del partner.
In definitiva, ci si chiede: “si può controllare il cellulare del partner o è reato?”. Ebbene, la violazione della privacy, in siffatta evenienza, viene a scontrarsi con l’attenuazione delle condotte che connota, notoriamente, gli illeciti commessi in ambito familiare, in ragione dell’affectio coniugalis o parentalis.
Di conseguenza, è sorto in giurisprudenza il dubbio se la prova acquisita spiando il cellulare del partner, possa essere utilizzata in un giudizio di separazione o divorzio, ai fini dell’addebito.
La questione si è posta sia in caso di coppie sposate che semplicemente fidanzate o conviventi. Quindi, cerchiamo di capire se la condotta in questione integri reato e se le eventuali prove acquisite sull’infedeltà, possano essere utilizzate.
Quali sono i comportamenti illeciti e perchè
Per rispondere alla domanda regina del presente articolo, ossia: “si può controllare il cellulare del partner o è reato?”, operiamo delle distinzioni. In particolare, ipotizziamo diverse modalità con cui può essere posta in essere la condotta in commento.
La prima ipotesi è quella del partner che, avendo sorpreso l’altro a messaggiare, gli strappi di mano il cellulare, per controllare cosa scriva e a chi.
Senonché, siffatto comportamento, è stato ricondotto, dalla Cassazione con sentenza n. 8821/21, addirittura, al reato di rapina. E ciò, anche se detta condotta sia stata diretta dalla volontà di cercare le prove di un tradimento.
Il tutto perchè, secondo la Suprema Corte, né il matrimonio né la convivenza non possono comportare una limitazione del diritto alla riservatezza. Quindi, qual è la scappatoia per non incorrere nel reato indicato? L’unico modo è chiedere l’autorizzazione a leggere le conversazioni altrui. In caso contrario, le prove acquisite con l’inganno o con la violenza, non possono essere prodotte in giudizio.
Di conseguenza, il coniuge tradito che abbia acquisito le prove del tradimento attraverso la predetta condotta illecita, non può ottenere, a carico del traditore, l’addebito della separazione.
Spiare la corrispondenza del partner
La seconda ipotesi è quella della lettura della corrispondenza senza violenza. Ma semplicemente con l’inganno o in maniera clandestina.
Anche in tal caso, tuttavia, spiare le e-mail o i messaggi sul cellulare del partner integra reato. Si tratta di quello previsto dall’art. 615 del codice penale, intitolato “interferenze illecite nella vita privata”.
Con la indicata norma, viene punito chi si introduce in un sistema informatico o telematico protetto da misure di sicurezza. Ovvero vi si mantiene contro la volontà espressa o tacita di chi ha il diritto di escluderlo. La pena prevista è quella della reclusione fino a 3 anni.
Anche, in tal caso, come in quello precedente, le prove acquisite illecitamente, non possono essere utilizzate in un processo.
In definitiva, potremo controllare la corrispondenza e-mail, WhatsApp, Facebook, Instagram, o altro, del partner, solo se questi ce lo consente. Per questa via, risulta davvero ostico, se non impossibile, scoprire eventuali tradimenti.