Perché alcuni faticano a perdere peso, pur stando attenti all’alimentazione? E perché c’è chi soffre la fame più di altri, specialmente durante la dieta? La risposta arriva da un recente studio scientifico: se non si dimagrisce con la dieta e si ha sempre fame la colpa è di questo fenomeno. Ecco di cosa si tratta.
Svelati i risultati del nuovo studio sui livelli di glucosio nel sangue
Il progetto PREDICT è il più grande programma di ricerca al mondo sull’alimentazione. Lo scopo è prevedere come gli individui reagiscono a diversi cibi. Più in particolare, di recente gli esperti del King’s College London si sono concentrati sulle diete. Gli scienziati hanno cercato di capire perché per alcune persone non funzionano. E perché c’è chi fatica a non sentire i morsi della fame.
I risultati dello studio sono pubblicati sulla rivista scientifica Nature Metabolism. Puntano i riflettori su un responsabile: il calo dei livelli di zucchero nel sangue. Infatti, se non si dimagrisce con la dieta e si ha sempre fame la colpa è di questo fenomeno.
Gli scienziati hanno monitorato la glicemia di 1.070 individui. Hanno, inoltre, tenuto sotto controllo l’alimentazione, il sonno, le attività e i livelli di fame dei partecipanti allo studio. Hanno così scoperto che alcune persone sperimentano un calo di zuccheri molto importante svariate ore dopo aver mangiato. Ma qual è il rapporto con la dieta?
Cosa significano i risultati dello studio per chi vuole perdere peso
Chi sperimenta questi cali di glucosio sente i morsi della fame prima di altre persone. Nello specifico, tende ad aspettare mezz’ora di meno fra un pasto e l’altro. Inoltre, questi individui assumono circa 312 calorie in più nell’arco della giornata.
Secondo gli esperti che hanno condotto lo studio, questa differenza può condurre a prendere fino a 9 kg nel corso di un anno. Per queste persone, dunque, la dieta è certamente più difficile.
Come sottolineano gli esperti, lo studio conferma che non esiste una dieta che vada bene per tutti. Le persone hanno metabolismi diversi, che richiedono diverse alimentazioni. Come afferma Patrick Wyatt, alla guida dello studio, i risultati sono un passo in avanti verso diete che lavorino assieme al corpo, e non contro di esso.
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