I periodi di preruolo sono utili ai fini del trattamento di fine servizio (TFS) per il personale degli enti locali, anche se l’ente non ha versato i contributi. A stabilirlo è la Corte di Cassazione nella sentenza n. 27427/2020. In effetti, i periodi di preruolo sono utili alla maturazione del TFS e ai fini della pensione. Analizziamo il caso.
Se il datore di lavoro non ha versato i contributi nel periodo di preruolo si perde il TFS?
Per preruolo si intende il servizio prestato dal dipendente pubblico prima dell’effettivo inserimento nel ruolo ordinario. Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione riguarda una lavoratrice che al momento del computo della pensione ha riscontrato un’amara sorpresa.
Infatti, nel computo del trattamento di fine servizio, l’ente comunale, presso cui lavorava, non aveva versato i contributi dei tre anni di servizio in preruolo (dal 22 novembre 1971 al 1° settembre 1974).
Di conseguenza, decaduto il diritto, la lavoratrice è rimasta danneggiata nel computo della prestazione.
La Legge 152/1998 ai sensi dell’art. 1, prevede l’iscrizione obbligatoria contributiva del personale non di ruolo ai fini del trattamento di fine servizio (TFS), purché il dipendente abbia almeno un anno di servizio in modo continuativo con carattere permanente. Quindi, il Comune era obbligato a versare i contributi previdenziali relativi al periodo di preruolo della dipendente. Ma in realtà, ciò non era accaduto.
La sentenza della Corte di Cassazione
Se il datore di lavoro non ha versato i contributi nel periodo di preruolo si perde il TFS? La Corte di Cassazione Civile, sezione lavoro, con la sentenza n. 27427 del 1° dicembre 2020, stabilisce il diritto alla riqualificazione comprendendo anche i tre anni di servizio preruolo, anche se il Comune non ha versato i contributi previdenziali.
La Corte di Cassazione conferma il principio dell’art. 2116 del Codice civile.
In poche parole, con l’art. 2116 si stabilisce che l’inadempimento non può comportare un pregiudizio del lavoratore, se la legge non lo prevede.