Schiaffo dagli USA con l’inflazione ai massimi da 30 anni

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Il giorno della verità è arrivato, quello del dato macro sull’indice dei prezzi al consumo a stelle e strisce. Una rilevazione che ha tenuto con il fiato sospeso non solo mercati e analisti ma anche semplici consumatori. Infatti il rialzo del costo della vita sta interessando anche l’economia reale. Anzi, soprattutto l’economia reale dal momento che all’aumento dei prezzi degli alimentari, giusto per nominare le urgenze più pressanti, si deve aggiungere anche quello degli energetici. Proprio alle porte dell’inverno. Ebbene, in questi minuti è arrivato un vero e proprio schiaffo dagli USA con l’inflazione ai massimi da 30 anni. Un verdetto che ha portato i mercati, già da tempo ai messimi storici, a muoversi con cautela in vista delle prossime mosse delle varie Banche centrali.

Schiaffo dagli USA con l’inflazione ai massimi da 30 anni

Tradotto in numeri, ad ottobre il Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti ha certificato un aumento dell’inflazione al 6,2% su base annua. Ben oltre le previsioni che si fermavano al 5,9% nella peggiore delle ipotesi. Oltre le previsioni anche il dato su base mensile a +0,9% contro le proiezioni dello 0.6%.

A dare una spinta sono stati, come era facile attendersi, anche i prezzi degli energetici. Questi ultimi sono complessivamente aumentati del 4,8% a ottobre e del 30% nell’arco dei 12 mesi. In particolare è da sottolineare il + 5,3% sugli alimentari con punte di quasi il 12% anno su anno (11,9% per la precisione) per voci come quelle di carne, pollame, pesce e uova. Ma non è solo Washington a dover pagare il prezzo di un’inflazione in aumento. Anche Pechino ne soffre con un risultato pari a +1,5% sui prezzi al consumo anche se il vero record è quello del +13,5% sui prezzi alla produzione. Lo stesso dato, ma sul fronte statunitense, è all’8,6%.

Il fatto che entrambe le maggiori potenze mondiali si trovino a dover fare i conti con una situazione simile fa temere che il rialzo dei prezzi non sia transitorio come finora affermato dalle Banche centrali. Questo, in estrema sintesi, è anche l’idea di molti dirigenti di diverse società che temono le pressioni inflazionistiche. Insieme alla carenza di manodopera specializzata e ai colli di bottiglia sulla catena di approvvigionamento createsi con le riaperture post Covid. Parallelamente si registrano difficoltà nel settore produttivo a riprendere i ritmi registrati prima della pandemia.