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E’ atteso il discorso di Bernanke, le cui dichiarazioni dovrebbero influire non poco su diverse variabili finanziarie.
Che ne pensa?
L’importanza del discorso di Bernanke ha una valenza multipla.
L’aspetto principale riconduce alla possibilità di un’ amplificazione delle manovre di quantitative easing.
Occorre però ben spiegare che non si tratta di una politica monetaria, finalizzata al finanziamento del debito pubblico, che prevede l’acquisto, da parte della FED, dei titoli di stato.
Si tratta, invece, di acquistare titoli detenuti dalle banche, le quali, quindi, godrebbero di nuova liquidità.
A questo punto, ci si aspetterebbe che tale massa monetaria impatti positivamente sulla ripresa economica, anche se questo non è garantito.
In che senso?
Una volta ceduti i titoli alla FED, non è scontato che la massa monetaria acquisita dagli istituti di credito sia immessa nel sistema dell’economia reale, tramite prestiti ad aziende e privati.
Ecco perché taluni ritengono, tutto sommato, limitato l’impatto di tale variabile sui destini dei mercati finanziari, in particolare dell’oro e delle valute.
Perché l’oro dovrebbe essere influenzato da queste manovre di politica monetaria?
L’attuale sistema monetario non prevede più la convertibilità della moneta in oro, ragion per cui la stessa moneta acquisisce un valore, determinato dal controvalore dei beni e servizi di un paese,praticamente il PIL.
A fronte dello stesso PIL, una maggior creazione di massa monetaria, teoricamente, dovrebbe comportare una diminuzione del valore della moneta, in quanto espressione di un maggior quantitativo di quote rappresentative dello stesso valore, ed al tempo stesso, tale forma di inflazione tende a privilegiare una ripresa delle quotazioni di metalli preziosi, tra cui l’oro, storico bene rifugio.
Tuttavia, se il PIL è in ripresa, l’incremento dell’inflazione resta moderato, ed anche le oscillazioni sull’oro non bastano a destare particolari spinte rialziste.
Proprio per questi motivi, pur in presenza di una politica monetaria tendenzialmente espansiva, non si è assistito, negli USA, ad una dinamica inflattiva.
Ma ci sono altre possibili ripercussioni?
Più che altro a livello politico.
Non dimentichiamoci che a novembre si terranno le presidenziali, ed il relativo risultato influirà anche sulle vicende della FED.
Secondo i sondaggi preelettorali più accreditati, parrebbe probabile la vittoria dei repubblicani, e nelle diverse correnti del partito dell’elefante, s è appunto aperto un dibattito sull’opportunità di mantenere Bernanke alla guida della FED o di sostituirlo.
Ma c’è anche da considerare un dibattito relativo alla possibilità di tornare ad una convertibilità aurea, e sicuramente queste prospettive politiche impatteranno anche sulle dinamiche delle valute e dell’oro.
A proposito dell’oro, come lo vede a livello tecnico?
Ancora una volta, non per vantarci, ma paiono cofermate le nostre proiezioni.
Tracciando una trend line resistenziale intersecante alcuni dei più rilevanti massimi degli ultimi due anni,
cioè quelli dell’agosto 2011 e di febbraio 2012, troviamo anche il recente massimo di agosto 2012, proprio
in corrispondenza di quella da noi individuato come limite per una fase correttiva.
Il confermato superamento di detta resistenza dinamica, comporterà ulteriore forza a sostegno del rialzo in atto, ma molto più probabilmente, siamo agli sgoccioli di un fase correttiva del rialzo in atto.
Dando ora uno sguardo all’eurozona, le pare che stia cambiano lo scenario di fondo, delineato in altre interviste?
Non direi, proprio perché, tutto sommato, anche i recenti incontri, come quello della Merkel e del premier greco, non fanno altro che richiamare una dinamica già vista e rivista.
La Germania tende a fare la parte del conservatore dell’ortodossia del rigore, mentre altri paesi periferici, confermano si l’intenzione di restare nell’eurozona, ma con una maggior flessibilità rispetto a quanto vorrebbe concedere la cancelliera tedesca.
Si parla, forse troppo spesso, sempre e solo di eurozona e di USA, ma a suo avviso potrebbero esserci altri scenari, di cui magari anche molte testate finanziarie non tengono conto?
In effetti, proprio in questo periodo, bisognerebbe anche considerare la situazione del medio oriente.
Recentemente, Luttwak, consigliere geopolitico influente e molto apprezzato negli USA e non solo, ha evidenziato la possibilità di un attacco preventivo di Israele nei confronti di presunti obiettivi nucleari iraniani, al fine di prevenire la costruzione di bombe atomiche.
Su tale ipotesi, come spesso accade, si è aperto un ampio dibattito, che ha conosciuto l’articolarsi di diverse posizioni.
Ci sono coloro che sostengono la prospettiva di un attacco israeliano su vasta scala, anche se tale scenario pare improbabile anche per diversi motivi di logistica militare.
Ma, certo, non potrebbe essere escluso, comunque, un conflitto anche legato a reazioni dei paesi arabi.
Ma esiste un altro scenario, ancora più inquietante.
Taluni analisti prevedono la probabilità che l’Iran chiuda lo stretto di Hormuz, da cui passa gran parte del traffico di petrolio mondiale.
Ovvie sarebbero le conseguenze sull’approvvigionamento energetico di molti paesi, per cui qualcuno considera anche la possibilità di un conflitto planetario tra Israele ed alleati occidentali da una parte (peraltro Mitt Romney è un ebreo filo-israeliano) ed Iran e suoi possibili alleati dall’altra, in particolare Russia e Cina.
Ovvie sarebbero le conseguenze su petrolio e carburanti.
Nell’ambito di tutti i futuri scenari descritti, secondo lei, qual’ è il più rilevante?
Ognuno ha la sua rilevanza, con riferimento a determinati ambiti di influenza, ma a livello globale, planetario, sicuramente metterei al primo posto l’evoluzione della situazione in Medio Oriente e quindi le elezioni USA.
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