Dolore addominale, stipsi, diarrea, aria nella pancia? Potremmo soffrire di sindrome da colon irritabile. Si tratta di una patologia che richiede una corretta diagnosi a cura di uno specialista. Per affrontare il problema contenendone i sintomi è opportuno seguire un’alimentazione sana e bilanciata. Alcuni tipi di alimenti, specialmente i cosiddetti junk food, ma non solo, potrebbero peggiorare il problema. Negli ultimi anni molti nutrizionisti hanno proposto di provare a ridurre i sintomi del colon irritabile con la famosissima dieta FODMAP. Scopriamo insieme di cosa si tratta.
La dieta FODMAP
Il protocollo FODMAP nasce da un’idea di Gibson, gastroenterologo e ricercatore della Monash University, con l’obiettivo di ridurre i sintomi derivanti dal colon irritabile o IBS. Ma cosa significa FODMAP? Si tratta di un acronimo che individua le tipologie di carboidrati implicate nei disturbi, sta per “Fermentable Oligo-saccharides, Disaccharides, Mono-saccharides and Polyols” oligosaccaridi, disaccaridi, monosaccaridi e polioli. Si tratta di carboidrati a catena corta scarsamente assorbiti nell’intestino tenue, alimenti ricchi di zuccheri che, una volta digeriti, restano nell’intestino richiamando acqua. È la loro sovra-fermentazione che provoca i fastidiosi disturbi intestinali.
Ridurre i sintomi del colon irritabile con la famosissima dieta FODMAP
Il protocollo FODMAP prevede tre momenti.
La prima fase è l’eliminazione degli alimenti FODMAP, quindi dei cibi contenenti gli zuccheri incriminati. Richiede lo stretto controllo di un nutrizionista onde evitare di incorrere in gravi carenze nutrizionali e deve durare un tempo limitato. Sarà lo specialista ad elaborare un piano alimentare equilibrato, monitorando passo dopo passo l’andamento della dieta.
La seconda fase del percorso alimentare inizia dopo circa 6-8 settimane, quando sono stati riscontrati miglioramenti e una riduzione dei sintomi. Solitamente è un processo più lungo rispetto al primo, durante il quale il nutrizionista reintroduce in modo graduale determinati alimenti (challenge test), sulla base della storia del paziente.
L’obiettivo principale è stabilire quali siano gli alimenti che maggiormente contribuiscono alla comparsa dei disturbi. Inoltre, serve a definire la quantità e la frequenza con cui possono essere consumati senza dare fastidi. In questo modo si potranno evitare inutili e potenzialmente dannose, nonché restrizioni superflue che impoverirebbero la dieta senza apportare alcun vantaggio.
L’ultima fase è quindi quella del “lifestyle”. Acquisite le conoscenze relative al funzionamento del proprio intestino, individuati gli alimenti dannosi, si costruisce uno stile di vita funzionale al proprio benessere.
Attenzione!
Chiaramente non si tratta di una dieta fai da te, è un reset intestinale che richiede necessariamente la supervisione di un professionista. Quest’ultimo ne valuterà la reale necessità e ne stabilirà tempi e modalità in relazione alla nostra storia clinica.
Per altri consigli e curiosità sulla sindrome del colon irritabile i nostri lettori potranno collegarsi a questo link.