Reddito di cittadinanza e ricerca del lavoro: quanti sono gli occupati da tale misura?

reddito di cittadinanza

Quando si parla di reddito di cittadinanza e ricerca del lavoro, quanti sono gli occupati da tale misura? Circa un anno fa partì la “grande rivoluzione” del Reddito di cittadinanza (RdC), che, insieme a “Quota 100”, avrebbero – si disse – dato l’imprinting al mondo del lavoro. Ossia la riforma delle pensioni avrebbe “mandato a casa” (con qualche annetto di anticipo) le vecchie generazioni, ormai a un passo dalla loro meritata pensione. Il resto lo avrebbe fatto il RdC, che unito alla “riforma” dei centri per l’impiego avrebbe aperto a molti la strada del lavoro. Ma chi lo ha detto? Vediamo di più su Reddito di cittadinanza e ricerca del lavoro: quanti sono gli occupati da tale misura?

Quanti sono i percettori del RdC?

I dati ufficiali e più recenti sono quelli forniti dall’Inps alla data del 7 gennaio 2020, che tengono conto quindi di tutto il 2019. A consuntivo risulta che il numero delle domande presentate è stato pari a 1,65 milioni. Di queste, sono state accolte in poco meno di 1,1 milioni (pari al 70% del totale), 88mila in fase di lavorazione, il resto respinte. Visti i numeri, i nuclei familiari che concretamente hanno avuto accesso al beneficio corrisponde all’88% della stima legislativa fatta a priori. La tabella in basso (fonte: Corte dei Conti, maggio 2020) sintetizza il quadro complessivo dei percettori del RdC

PERCETTORI RREDDITO CITTADINANZA
L’ultima relazione annuale della Corte dei Conti (“Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica”) (
https://www.corteconti.it/Download?id=9e8923ba-4ef4-480e-90f0-ef307c3fa756) offre uno spaccato sui primi effetti della misura. Il rapporto si basa sui dati disponibili al 30 aprile 2020 ed è stato approvato lo scorso 15 maggio nell’adunanza delle Sezioni riunite. In estrema sintesi, il rapporto afferma che l’insieme “delle risorse erogate ha consentito di conseguire importanti risultati sul fronte del contrasto alla povertà”. Sulla base di loro stime “il tasso di povertà potrebbe essere sceso, tra il 2018 e il 2019, dall’8,4% al 6,9%. Inoltre, la probabilità di essere a rischio di povertà assoluta potrebbe essere passata dal 20,1% al 19,7%”. I loro modelli matematici stimano infine che la misura ha avuto un impatto importante anche sulla riduzione della disuguaglianza della distribuzione del reddito.

Il rapporto della Corte dei Conti

Ora, se uno degli intenti prima del RdC era anche quello di dare una svolta al mercato del lavoro, come stanno le cose a più di un anno dalla sua adozione? I risultati sono molto deludenti. Secondo i dati di Anpal, “alla data del 10/02/2020  i beneficiari del RdC che hanno avuto un rapporto di lavoro dopo l’approvazione della domanda sono 39.760”. Questo a fronte di 915.600 nuclei familiari raggiunti e 2.370.938 cittadini coinvolti. Numeri che passano a 1.041.462 famiglie quando si considerano i percettori della pensione di cittadinanza.

Sempre alla pagina 252 del citato rapporto, si legge come il 7,2% sia stato assunto nei primi 30 giorni della domanda. Il 18% tra il 31° e il 90° giorno, il 28,7% tra 91 e 180 giorni, infine il residuo 46,2% oltre i 6 mesi. Ancora: il 65,2% degli occupati è a tempo determinato, il 19,7% a tempo indeterminato, il 3,9% in apprendistato.

Reddito di cittadinanza e ricerca del lavoro: quanti sono gli occupati da tale misura?

Dunque, solo pochissimi dei beneficiari del RdC hanno trovato lavoro, e ancora molti meno sono quelli che l’hanno trovato grazie ai Centri per l’impiego (Cpi). Il canale primo per la ricerca del lavoro resta infatti sempre quello della conoscenza diretta o per il tramite di amici, parenti e conoscenti. Altro che navigator. Tale forma di ricerca si rivela particolarmente valida per il Sud Italia, dove peraltro giunge una buona fetta della misura in esame.

Sul punto la sessa Corte dei Conti non ha mancato di esprimere le sue critiche. Afferma: I risultati appaiono al momento largamente insoddisfacenti e confermano le perplessità avanzate dalla Corte al suo avvio”. Il riferimento è a quando venne interpellata prima dell’entrata in vigore del RdC. Aveva detto sottolineato come lo “strumento intende rispondere sia ad esigenze di lotta alla povertà sia ad esigenze di stimolo dell’occupazione”. Ma, continua, “porta in sé il teorico rischio di confondere obiettivi che rispondono a logiche diverse e richiedono approcci diversi”. Come a dire: un conto è il sostegno, il sussidio diretto  alla povertà, va bene. La forma assistenziale, insomma. Tutt’altro paio di maniche è la ricerca del lavoro. O prima lo si crea altrimenti è a dir poco difficile andare a cercare qualcosa che poi …forse proprio non c’è .