Reato di tentata frode in commercio per mancata segnalazione che i prodotti sono congelati (o surgelati)

surgelati

 La Corte di Cassazione non e’ stata clemente con i negozianti nella recentissima sentenza n. 10375 del 2020. Confermando le sentenze dei giudici di primo e secondo grado, ha configurato il reato di tentata frode in commercio per l’avvenuta esposizione di cornetti, strudel e fagottini congelati, senza indicazione. Questa e’ stata la sorte toccata al proprietario di un bar che aveva esposto nel bancone del bar cornetti e altri dolciumi congelati, senza la segnalazione sull’origine di conservazione del prodotto. Tentata frode in commercio (con sospensione condizionale della pena) e comminazione della multa di euro 2065, ha sentenziato il Tribunale di primo grado. L’imputato, tuttavia, ha impugnato la sentenza ma gli e’ andata peggio, perche ’la Corte di Appello ha revocato anche il beneficio della sospensione condizionale della pena. Imperversando, lo stesso, ha ancora impugnato la sentenza innanzi alla Corte di Cassazione, tentando la sorte.

Di fronte alla stessa ha fatto valere tre principali doglianze. In primiis, la circostanza secondo cui gli e’ stata contestata la mera detenzione della merce e non la consegna della stessa, quindi difetterebbe la configurabilita’ del reato. La seconda doglianza fondata sulla sussistenza di una causa di non punibilita’ consistente nella tenuita’ del fatto. Infine, in terzo luogo, ha fatto valere la mancata considerazione delle circostanze attenuanti.

Reato di tentata frode in commercio: la reiezione delle ragioni dell’imputato da parte della Cassazione

La  Suprema Corte ha ribadito che l’esposizione di merce, senza indicazione del precedente stato di conservazione, integra tentato reato di frode in commercio. Non ci sono dubbi. Infatti, la Corte ribatte che l’esposizione dei prodotti nel bancone, sono sufficienti a dimostrare non la mera detenzione ma la destinazione alla commercializzazione al pubblico. Non sarebbe, inoltre, da considerare l’attenuante della tenuita’ del fatto in quanto la sussistenza della merce in magazzino dimostra l’esercizio di un’attivita’ continuativa e non occasionale.

Infine, non ricorrerebbe neppure alcuna attenuante, dovendosi reputare all’opposto la sussistenza di un’aggravante. Quest’ultima in quanto la quantita’ della merce sequestrata e’ fatto indicativo della potenziale messa in pericolo della salute pubblica. Pertanto, conferma la pena. Detto insegnamento, impartito dalla Cassazione, naturalmente vale non solo per I bar ma per tutte le altre attivita’ commerciali basate sulla commercializzazione di prodotti alimentari. Si pensi anche ai ristoranti per i quali vale, allo stesso modo, l’obbligo di indicare nel menu lo stato di conservazione dei prodotti. Quindi, attenzione a vendere beni al pubblico, nel rispetto delle regole…

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