Quota 102 è la nuova frontiera della riforma pensionistica  

governo

Nell’avvicendarsi delle riforme pensionistiche, considerata la difficoltà di rinvenire dei piani soddisfacenti, il Governo sta studiando un nuovo progetto previdenziale. Quindi, spunta un’altra ipotesi in seno all’Esecutivo, in cui Quota 102 è la nuova frontiera della riforma pensionistica. Essa, si porrebbe accanto accanto all’opzione 41 e prefigurerebbe il ritiro a 64 anni con 38 di contributi. Lo scopo sarebbe quello di evitare lo scalone di cinque anni che si verrebbe a creare tra la fine della Quota 100 il 31 dicembre 2021 e il giorno successivo, quando con gli stessi requisiti si potrebbe uscire dal lavoro solamente cinque anni più tardi. Le ipotesi prese in considerazione sono state, dunque: Quota 41 e la Quota 102.

L’ipotesi di Quota 41

Anche la scelta su Quota 41 è al vaglio del Governo e dei sindacati. Ma si ci chiede: in cosa consiste questa ipotesi di riforma? Sostanzialmente, andrebbero in pensione i soggetti con almeno 41 anni di contributi versati, indipendentemente dall’età anagrafica. A caldeggiare maggiormente questa scelta sono i sindacati. Le maggiori difficoltà sono quelle legate ai fondi per la realizzazione del programma. Secondo gli studi preliminari svolti sul punto, occorrerebbe una spesa di 12 miliardi di euro in più rispetto a quella investita per quota 100. Ciò, fin dal primo anno di attuazione della riforma.

L’ipotesi di Quota 102

Si è detto che Quota 102 è la nuova frontiera della riforma pensionistica. La differenza rispetto a quota 100 starebbe nella diversa età anagrafica di accesso alla misura. Quindi, da un minimo di 62 si arriverebbe ad un minimo di 64 anni, senza però intaccare i contributi versati. Essi rimangono sempre fissi a 38 anni. Questa riforma è più appetibile in quanto meglio sostenibile sul piano economico. Nella specie, ci sarebbe il taglio dell’assegno, con circa il 3% in meno del montante retributivo per ogni anno di anticipo. Dunque la decurtazione del trattamento pensionistico sarebbe di circa del 5%. I destinatari della misura dovrebbero essere 150mila persone l’anno. Il costo di essa, invece, dovrebbe essere intorno agli 8 miliardi di euro il primo anno, con una diminuzione negli anni successivi. Nel complesso, quindi, la discorrenda appare essere la misura pensionistica che meglio si attaglia alle esigenze delle tasche statali. Essa, inoltre, è anche quella che risponde alle istanze della molteplicità di lavoratori che si accingono ad avvicinarsi al trattamento pensionistico.