Questione fondi europei: si, no, rinvio?

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Si stanno delineando le posizioni relative alla vexata quaestio sul recovery fund europeo, programma che dovrebbe favorire la ripresa dei paesi dell’eurozona, soprattutto quelli maggiormente danneggiati dalla pandemia.

Question fondi europei: si, no, rinvio?

Ma non tutti concordano, anzi. I paesi nordici, in particolare la Danimarca, sono tuttora su posizioni sostanzialmente contrarie.

Pare quindi che sulla strada dell’obiettivo, si pongano ostacoli non da poco, soprattutto una sorta di probabile condizionalità, che l’Italia, ma anche altri paesi, farebbero difficoltà ad affrontare.

Gli ostacoli sulla strada del Recovery fund

Come noto, questi fondi avrebbero una destinazione ben precisa, o meglio.

Soprattutto non potrebbero avere una destinazione finalizzata ad intervenire direttamente sul debito dei paesi Ue.

In altri termini, non si potrebbero, ad esempio, usare elargizioni a fondo perduto per far fronte al debito pubblico.

Sia fondi, che elargizioni a fondo perduto, dovrebbero invece essere utilizzati per interventi capaci di rimettere in moto l’economia di un paese.

Ma come?

Quali utilizzi?

Difficilmente un governo come quello attuale saprebbe affrontare una condizionalità di questo tipo, riconducibile ad una precisa destinazione d’uso dei fondi.

Un po’ per carenze tipiche italiane, a prescindere dalla specifica compagine governativa, un po’ per limiti di visione strategica, caratteristici di questo specifico esecutivo.

L’abbiamo già visto con il Mes. Pur avendo, questo strumento, una condizionalità molto limitata, si è preferito ricorrere al tradizionale strumento dei titoli di stato, compresa una versione particolare di btp, denominata futura.

Peraltro, lo stesso esecutivo aveva dato luogo a quegli incontri di villa Pamphili, che non hanno prodotto alcun programma di rilancio realmente presentabile in sede europea.

O meglio. Molte parole sì, ma nulla di così concreto, da tradursi in un programma operativo e finanziabile, secondo quelle che saranno le probabili condizioni poste dall’Europa, che certo non si limiteranno (ammesso che un accordo si trovi) a dire che i fondi vanno usati per innovazione tecnologica o altri settori.

Occorrerà dire con quali cronoprogrammi e quali business plan.

E poi, forse l’aspetto più difficile, quello di dimostrare che tali programmi siano capaci di impattare su ripresa e finanza pubblica, delineando anche una precisa parabola discendente del debito pubblico.

Francamente, il governo attuale non pare all’altezza di un siffatto compito.

Il tempo passa

In questa, come in altre vicende, risulta evidente soprattutto un fatto.

Il tempo passa, il governo deve trovare soluzioni economiche adatte alla situazione del paese, ma dimostra di aver fatto e tuttora fare un eccessivo affidamento su una soluzione di tipo europeo, qualcosa che venga dall’esterno per risolvere i problemi.

Perché è sbagliato?

L’aspetto essenziale di tutta questa vicenda è che nulla e nessuno possono garantire soprattutto due circostanze.

Intanto che l’Ue giunga ad un accordo sui fondi. E’ solo un’ipotesi, peraltro tutt’altro che probabile.

E poi che eventuali programmi italiani, anche varati secondo principi conformi agli accordi europei, consentano un effettivo rilancio.

Ed il governo, quindi, dovrà dirci cosa intende comunque fare anche sotto il profilo del debito pubblico, ed a prescindere da fondi europei.

L’immagine dell’Italia all’estero

Del resto, pesano in questo momento sull’Italia anche molti dubbi ed un’immagine certo non positiva sulla sua serietà, intesa come corrispondenza a quanto effettivamente viene propagandato e promesso.

Il tutto, tradotto in termini di questioni sul tavolo, equivale a porsi interrogativi come i seguenti: è l’esecutivo italiano capace di una effettiva azione di rilancio, che sappia raggiungere obiettivi sia in termini di crescita, che di traiettoria di rientro dal debito?

E’ la pubblica amministrazione in grado di esprimere efficacia ed efficienza almeno di un certo livello?

E tanti altri se ne potrebbero porre.

Forse Conte, prima di domandare fiducia a destra e manca, avrebbe fatto meglio a presentarsi con un curriculum di risultati raggiunti in diversi settori, ma a quanto pare, questi non ci sono.

Non è solo un programma credibile di investimenti a mancare, ma anche una pregressa pagella di risultati già raggiunti.

Altri aspetti negativi impattano sull’immagine italiana

Ma, come se questi aspetti non bastassero, certi fatti parrebbero dar ragione in questa fase a chi dell’Italia ha un’immagine negativa.

Come noto, uno degli aspetti più negativi è l’immagine della gestione della giustizia.

Ci si attenderebbe, da uno stato serio, di poter contare su giudici e processi, che sappiano individuare una realtà processuale sostanzialmente coincidente con quella storica.

Invece proprio in questo periodo sta emergendo ben altro spaccato della giustizia italiana, tale forse solo a parole.

Processi decisi a priori, a prescindere da chi abbia torto o ragione, piuttosto che condizionamenti politici o la volontà, in certi processi penali, di trovare un colpevole ad ogni costo, il famoso capro espiatorio.

Come noto, già una autorità giudiziaria ha smentito, ad esempio, il verdetto penale relativo al processo che portò alla condanna, a suo tempo, di Berlusconi da parte della Cassazione.

A prescindere da simpatie o antipatie politiche, dobbiamo cogliere il senso delle pesanti conseguenze di un fatto del genere.

Proprio perché tali effetti trascendono gli aspetti riguardanti solo il diretto interessato e la sua famiglia.

I fattori condizionanti

Se un leader o esponente di primo piano di un partito politico, viene assoggettato ad un processo, il cui esito è politicamente condizionato, a sua volta questo fatto condiziona anche potenziali esiti politici ed elettorali.

Ed allora, quando si scopre un fatto di questo tipo, come riparare a quelli che sono stati possibili esiti politici ed elettorali condizionati proprio da tale circostanza?

Forse, che possiamo portare indietro la storia e ripristinare il numero di seggi parlamentari, che aveva la forza politica in questione prima del verdetto illegale?

Evidentemente no, ed allora significa che un paese in cui si verificano fatti del genere non ha neppure un parlamento che si possa, quindi, considerare scevro da condizionamenti illegittimi ed estranei alla normale dialettica politica, un’ombra in più che non depone a nostro favore, se taluni fatti vengono confermati in termini di decisioni giudiziarie del tutto arbitrarie.

Ma molti temono anche una giustizia che si limiti a cercare un colpevole.

A scanso di equivoci, mi astengo dalla dialettica innocentisti-colpevolisti di certi processi, e mi limito a citare una notizia, forse sfuggita a diversi organi di stampa, a titolo esemplificativo.

Processo Bossetti: pare che il team dei legali difensori abbia deciso di denunciare il Ris ed il suo comandante, per omissione di atti d’ufficio.

L’accusa sarebbe quella di aver omesso la consegna di importanti reperti, dopo che il giudice competente l’aveva invece autorizzata.

Se le accuse fossero confermate, risulterebbe una giustizia che, pur di far prevalere una tesi colpevolista, sarebbe disponibile a commettere gravi illeciti.

Possono all’estero avere fiducia in un tale paese?

Tutto questo, ripeto, non depone certo a nostro favore.

Questione fondi europei: Conte prepari il piano B

Proprio per tutti questi motivi, direi, una volta di più, che Conte non deve confidare sulla concessione dei fondi.

Ma poi anche se tali fondi arrivassero, non servirebbero a risolvere direttamente il problema del debito.

Al limite, potrebbero servire per aiutare un qualche rilancio.

Occorrerebbe comunque integrare i piani, relativi a questi fondi, con un piano economico, che dica come si vogliono affrontare determinati problemi, a partire, appunto, dalle finanze pubbliche.

Ma non penso che il governo farà questo.

Non l’ha saputo fare sinora, sapendo solo rinviare nel tempo, nella speranza, forse, che qualcosa succeda. Cosa, non si è ben capito.

O forse è proprio questo il programma di fondo: prendere tempo e sperare.

In cosa, ripeto, a parte i fondi europei, non si sa.

Quanto ai fondi, l’esito al momento più probabile è un rinvio, del resto in linea con la linea seguita sinora dal governo Conte.

E, poi, una possibile approvazione, ma unitamente a certe condizionalità che, come per il Mes, faranno probabilmente sì che l’esecutivo non vorrà poi far uso di quei fondi, pena anche una probabile crisi di governo, innescata dalla componente pentastellata.

Motivo in più per concentrarsi comunque sul piano B.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT