Quanto rischio si può tollerare per investire sui mercati?

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Quanto rischio si può tollerare per investire sui mercati?

La risposta più semplice a questa domanda è che la cosa è assolutamente individuale. Ciascuno è fatto a modo suo e, se può apparire qualunquistico, risponde comunque a verità (assoluta, per di più). Ogni persona gestisce il rischio a modo suo, e la tolleranza di uno non è assolutamente paragonabile a quella di un altro. Questo fatto è ormai acclarato da tempo. Quindi, se non sapete quanto siete pronti a rischiare per entrare, o rimanere, sui mercati, chiamate subito il vostro consulente d’investimento. Ed assumetene uno, se ancora non l’avete. E’ l’unica persona che è in grado di farvelo capire, in forma oggettiva, peraltro.

Andiamo avanti. Vi ricordate questa frase?

“I rendimenti passati non sono un indicatore affidabile dei rendimenti futuri.” Si trova su ogni documento chiave per gli investimenti. E’ un reminder che investire comporta sempre dei rischi e che i rendimenti del passato non possono continuare per sempre. Perciò, se è vero che quello che succede sui mercati può non ripetersi in ugual misura, può però insegnarci, e tanto. I rendimenti passati contengono delle informazioni sul rischio, e possono aiutarci a prendere alcune decisioni strategiche di portafoglio. Grazie alle sue competenze, il consulente d’investimento può utilizzare la sua conoscenza per personalizzare i vostri portafogli e adattare i rendimenti attesi, il rischio individuale e l’orizzonte temporale. Vediamo quindi quanto rischio si può tollerare per investire sui mercati.

Quanto rischio si può tollerare per investire sui mercati?

Facciamo un esempio pratico. Confrontiamo la performance di un portafoglio globale azionario (100% azionario) basato sull’indice MSCI World con un portafoglio obbligazionario sui titoli di Stato tedeschi (100% obbligazioni). Supponiamo di investire una certa cifra, di utilizzare una strategia “buy-and-hold” (compra e tieni), e di investire per 20 anni. Simulando quando appena detto dal 2000 al 2019, vediamo come le obbligazioni abbiano avuto solo 2 anni in perdita, 2013 e 2017, entrambi meno dell’1%. Anni migliori 2008, 2002 e 2011, tutti vicini al 10% annuo. In particolar modo, le obbligazioni hanno avuto performance positive, e non di poco, durante la bolla delle dot-com, durante la crisi finanziaria globale e durante la crisi del debito dell’eurozona. Le azioni, invece, si comportano in maniera molto diversa.

Performance

Hanno avuto performance anche strepitose, come nel 2019 (più del 30% annuo), ma anche annate decisamente negative, come nel 2002, o nel 2008, quando hanno perso più del 30%. In particolare, ovviamente, hanno perso nei tre momenti critici sopra nominati. Le obbligazioni hanno quindi rappresentato la protezione difensiva durante questi periodi. Hanno avuto dei rendimenti moderati in tempi di crisi, mentre il portafoglio azionario ha mostrato elevata volatilità, caratterizzata anche da violenti ribassi. Nonostante tutto questo, il rendimento annuale è stato più favorevole alle azioni. 4,5% annualizzato contro 3,4% delle obbligazioni. Il periodo di detenzione di un portafoglio è quindi fondamentale per capitalizzare la performance del lungo periodo ottenuta dai titoli azionari. Questo esempio consente di osservare anche la fondamentale relazione che abbiamo fra rischio e rendimento. Per raccogliere i rendimenti attesi più elevati dei titoli azionari è necessario affrontare periodi di altrettanta elevata volatilità.

Torniamo quindi alla domanda iniziale. Quanto rischio si può tollerare per investire sui mercati? L’esempio chiarisce ancor di più che dipende da noi, da quanta volatilità (quindi “paura”) vogliamo tollerare per poter ottenere più rendimento. Approfondiremo la questione in un prossimo articolo.