Quanto è costato ai risparmiatori vendere in preda al panico?
Molto, moltissimo. Per la precisione, il mercato italiano, dal suo picco del 19 febbraio al suo massimo di perdita del 23 marzo, ha perso il 41,5%. In solo un mese e mezzo. La caduta più veloce di sempre. Ed anche la peggiore di tutte le nazioni sviluppate. Perché è avvenuto ciò? In primis, perché dopo le prime vendite, gestite da operatori umani, sono subentrate quelle gestite dai sistemi automatici. Sistemi che vendono in base a segnali e parole chiave che rintracciano sulla Rete. Ma anche nei blog riservati dei gestori, su piattaforme come Bloomberg e/o Reuters. E’ evidente che in quei giorni gli stessi gestori non sapessero che pesci prendere di fronte a ciò che stava accadendo. La minaccia era nuova e sconosciuta. E, peggio ancora, era stata sottovalutata da tutti, Cina per prima. Inoltre, sicuramente, anche nascosta, fino all’inevitabile capitolazione e confessione al mondo.
E’ evidente che le macchine, non registrando notizie positive, in quel periodo, si siano date a vendere tutto quello che potevano.
E, dove consentito, anche vendendo “allo scoperto”. Ovverosia, prendendo in prestito i titoli da vendere da chi ancora li aveva. Con questo sistema, si vende ciò che non si possiede, ma si riceve in prestito, capitalizzando sulla differenza tra il prezzo del prestito e quello del riacquisto del titolo. Che, chiaramente, chi vende allo scoperto spera che sia più basso. In poche parole, pessimismo che alimenta altro pessimismo.
Che a sua volta alimenta la speculazione. La ricetta per il disastro, in questi casi, è sempre prontamente servita. Ed infatti è stato così. Ecco perché è costato ai risparmiatori vendere in preda al panico. Ma l’Italia, purtroppo, è anche endemicamente debole. Questo a causa del suo elevato debito pubblico e dell’altrettanto elevato rapporto debito/PIL. Quindi da noi le vendite sono state più pesanti, e questo è costato parecchio ai risparmiatori. Che infatti hanno perso molto, vendendo anche loro indiscriminatamente in preda al panico.
Quanto è costato ai risparmiatori vendere in preda al panico?
Volete sapere la cifra in soldoni? Oltre 240 miliardi di euro. Come detto, la capitalizzazione di Borsa Italiana è stata quasi dimezzata. Da allora, la situazione è leggermente migliorata, per fortuna. La Borsa ha recuperato circa il 14%. Ma, per questioni matematiche che tutti dovreste conoscere, non le manca il 27,5% da recuperare per tornare ai livelli di febbraio, ma oltre il 55%. Ecco quanto è costato ai risparmiatori vendere in preda al panico. Una cifra davvero considerevole. Che, se le cose andranno particolarmente bene, potrà essere recuperata in toto in un tempo medio di circa 36 mesi. Se dovessero andare meno bene, anche 60 mesi. Quindi, da 3 a 5 anni, ci dicono le serie storiche dei mercati.
Speriamo che voi, che state leggendo, non siate tra coloro che abbiano commesso l’errore di vendere. Magari nel momento più buio, in giornate come quella in cui la Borsa ha perso l’11% in una sola sessione. Lo diciamo perché, sebbene il recupero, come appena detto, sarà lungo, sappiamo una cosa con certezza. Ed è che ci sarà.
1)Ci sarà perché tutte le crisi vengono riassorbite.
2)Ci sarà perché questa crisi è una crisi unica e non finanziaria od economica.
3)Ci sarà perché lo sforzo mondiale per porvi rimedio è straordinario e senza precedenti.
4)Ci sarà perché il reale andamento di una Borsa valori è verso l’alto, cioè è di creare valore.
5)Ci sarà perché gli Stati stanno aiutando le imprese, supportati dalle banche centrali. Ma, soprattutto, ci sarà perché il mondo non finisce certo oggi, come non è finito nella seconda metà di marzo.