Quando è meglio non fidarsi delle prime impressioni che le persone suscitano in noi

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Tanti asseriscono di sentire le persone “a pelle”, basta quindi poco più di uno sguardo per farsi un’impressione dell’altro. Ma cosa s’intende per prima impressione? Il verbo “imprimere” ha un significato specifico, vale a dire “lasciare un segno”. Quindi una questione non certo di poco conto, visto che continuamente interagiamo con gli altri. Ma da dove nascono le impressioni che abbiamo? E soprattutto possiamo ritenere attendibili e utili questi segni che percepiamo dall’esterno e che tendono poi ad imprimersi al nostro interno? Vediamo quindi come orientarsi nel vasto mondo delle percezioni che abitano in noi e spesso ci governano. E in particolare, cerchiamo di capire quando è meglio non fidarsi delle prime impressioni che le persone suscitano in noi.

Le apparenze che ingannano

Esiste anche un detto popolare secondo cui “l’apparenza inganna”. Una massima di vita con la quale tutti noi avremo avuto a che fare più di una volta. Non è quindi un caso se questa delicata tematica è stata messa alla base di una nota parabola che parla agli uomini di tutti i tempi. Qual è nello specifico? Quella che racconta di un sacerdote, di un uomo di Levi e di un uomo di Samaria. Ovvero, esponenti di diverse categorie sociali che si trovano a passare davanti a una persona moribonda, in tempi diversi. Per chi non conoscesse la parabola, si tratta di quella de “Il buon samaritano”. Ebbene, i fatti narrati sono questi.

Un uomo durante un viaggio incappa nei briganti che lo derubano e lo percuotono, lasciandolo moribondo sulla strada. Poco dopo passano di là un sacerdote e un levita (una persona abituata a frequentare il tempio), ma entrambi vanno oltre. Infine passa anche un uomo di Samaria che si prende cura del giudeo moribondo, nonostante tra Giudea e Samaria non corresse buon sangue. Una storia che squarcia le cortine dell’ipocrisia dietro cui, a volte, ci si trincera. E lascia chiaramente intendere che un conto è ciò che l’uomo di porta dentro, tutt’altro quello che fa apparire.

Come si generano le impressioni

Chiarito che le apparenze esteriori sono spesso le più ingannevoli, vediamo cosa sta alla base delle impressioni. Più accumuliamo esperienze e più la lavagna della nostra vita, assume tinte e sfumature diverse. E visto che le esperienze più dure è difficile scordarle, la nostra memoria interna è spesso sovraccarica di stati di allerta che ci mettono sul chi va là. Quindi può accadere che tendiamo a reagire a situazioni nuove, proiettandoci nel passato. Per cui, se il fuoco in una fase della nostra vita ci ha scottato producendo un’ustione, il rischio è il seguente. Vale a dire che si tenda ad indietreggiare e a reagire con paura, tutte le volte che ci si trova nei pressi di una fiamma. Se questo vale anche tra le persone, il rischio che si generi un cortocircuito interno è molto alto.

Il meccanismo subdolo della mente

Basterà quindi un profumo, un tono di voce, un gesto, che mette in connessione, nel nostro immaginario, una persona del passato ad una del presente, e parte il “riflesso condizionato”. Così come in un gioco di specchi, l’ignara persona che incontriamo nel presente, comincerà a riflettere un’altra del passato. E la mente darà il via ai suoi vortici di pensiero, dai quali poi è molto difficile uscire. Se ciò accade, il rischio è di continuare a rivivere nel ricordo l’esperienza del passato, disconnettendoci dal presente.

Già in un precedente approfondimento si è trattato l’aspetto secondo cui “la mente mènte”. Ed infatti se non lavoriamo su queste interferenze tra passato e presente, si rischia di compromettere anche il nostro futuro. Occhio quindi a cogliere, sul nascere, questi automatismi del passato che condizionano le nostre percezioni nel presente. E se ci si avvede che è partita una spirale del genere, creata dalla mente, meglio stoppare sul nascere o arginare le sensazioni. Queste infatti non potranno che essere falsate dalla cattive esperienze già vissute. Ecco dunque quando è meglio non fidarsi delle prime impressioni che le persone suscitano in noi.