Può suonare blasfemo di primo acchito, ma vi sono circostanze in cui conviene rinunciare all’eredità. Ma quando eventi sfavorevoli suggeriscono all’erede di non acquisire la titolarità dei beni lasciati dal defunto? Se nel Codice civile è contemplata la facoltà di rinuncia all’eredità dopo l’apertura della successione, vi saranno valide motivazioni a sostegno di tale diritto. Alla morte del de cuius, ai parenti prossimi spetta una quota del patrimonio lasciato in virtù della cosiddetta successione necessaria. Ciò anche qualora il defunto non abbia provveduto in vita ad esplicitare le sue ultime volontà in un testamento.
Il dettato giuridico provvede a designare i legittimi eredi allorquando non siano stati specificamente individuati dalla volontà del de cuius. L’onere della dichiarazione di successione grava sui legittimi eredi che sono tenuti ad utilizzare un apposito modulo fornito dall’Agenzia delle Entrate. A distanza di 30 giorni dalla presentazione della suddetta dichiarazione, l’erede ha facoltà di chiedere l’intestazione dei beni relitti. La dichiarazione contiene l’asse ereditario con l’indicazione del patrimonio e dei beni confluiti nell’eredità. Nel momento in cui avviene l’apertura della successione è opportuno valutare se e quando conviene rinunciare all’eredità. Il chiamato all’eredità può avvalersi del diritto di accettare o rifiutare la titolarità dei beni lasciati, soprattutto perché non può acquisirne solo una parte.
Quando conviene rinunciare all’eredità
Diventare eredi non implica un’automatica e feconda ricezione di ricchezza. Il decesso di un nostro caro può riservare croce e delizia ai successori in ragione della situazione patrimoniale. Il patrimonio ereditario potrebbe riservare spiacevoli sorprese all’apertura della successione e l’eventuale decisione di acquisire l’eredità è irrevocabile.
Esiste un’amara verità: si ereditano beni nella stessa misura in cui si ereditano debiti se gli stesi figurano nel patrimonio ereditario. In sostanza, il legittimo erede potrebbe trovarsi nell’infelice condizione di doversi sobbarcare l’assolvimento di debiti contratti in vita dal defunto. L’art. 752 del Codice Civile così recita: “I coeredi contribuiscono tra loro al pagamento dei debiti e pesi ereditari in proporzione delle loro quote ereditarie, salvo che il testatore abbai altrimenti disposto”.
La rinuncia all’eredità
Nel caso in cui nel patrimonio testamentario figurino passività occorre valutare l’ammontare delle stesse in relazione ai beni. Dal momento che l’acquisizione dell’eredità implica il trasferimento non solo di beni, ma anche di debiti, conviene procedere con cautela. Nel caso di situazioni debitorie maturate prima del decesso, occorre calcolare l’ammontare dei debiti. Di qui si provvederà a tracciare una linea di demarcazione fra i crediti e i debiti confluiti nell’asse ereditario. Se i debiti superano di gran lunga i beni di cui acquisire la titolarità è opportuno aprire le mani e lasciar andare il diritto di eredità.
Approfondimento