Quale coalizione al governo farebbe salire o scendere Piazza Affari? Quale settore preferire e su cosa puntare?

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In questo periodo non attraggono l’attenzione mediatica solo i dazi di Trump, le scaramucce con la Cina, o le decisioni della FED, in ambito economico/finanziario.

Anche gli esiti post elettorali italiani vengono attentamente esaminati per le loro implicazioni economiche e pongono diverse problematiche, ancora incerte nella loro possibile risoluzione.

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Diciamo subito come stanno le cose. I numeri per fare un governo allo stato dei fatti non esistono.

Ma quali sarebbero le conseguenze dei diversi esecutivi sul piano economico e quale la possibilità, sostanzialmente teorica al momento, di un esecutivo di un certo tipo?

Qualcuno ama dire che i numeri in politica si pesano, nel senso che non possiamo sommare numeri politicamente diversi, inconciliabili tra loro.

Ed infatti i veti incrociati di questi giorni costituiscono un bel grattacapo per Mattarella.

Di Maio vuole escludere renziani e berlusconiani, ma il PD è ancora guidato, di fatto, da Renzi, mentre il centro destra non è interessato a dividersi, soprattutto Salvini, che è ben consapevole che i treni, spesso, passano una sola volta, e che il suo obiettivo primario, divenire leader della coalizione, è ormai raggiunto, e quindi non gli conviene vederlo sfumare per correre dietro ai pentastellati.

Se aggiungiamo che il prevalente orientamento, un po’ di tutti, è quello di evitare cosiddetti governi tecnici o comunque non basati su una precisa formula politica, sembra sempre più probabile la mia ipotesi di un ritorno ravvicinato alle elezioni, formulata subito dopo l’esito elettorale.

Ma quali sarebbero le implicazioni dei diversi tipi di esecutivo?

Un governo basato sulla somma dei due principali attori attuali della scena politica, cinque stelle e lega, non avrebbe solo problemi di alleanza politica, da affrontare, ma proprio problemi di numeri di bilancio.

Mettere insieme reddito di cittadinanza e flat tax costerebbe non poco.

E la famosa teoria dell’autofinanziamento non è affatto scontato che riesca a realizzarsi.

Uno degli ultimi paesi che, ad esempio, ha introdotto la flat tax, l’Ungheria, ha cominciato ad avere non pochi problemi di bilancio.

Se quindi ci sono stati positivi risvolti nell’ambito economico e dei conti pubblici, questo si deve in Ungheria ai contributi europei.

Peraltro basta guardare alla curva dei rendimenti ungherese, per rendersi conto della non brillante situazione di un paese che ha introdotto la flat tax.

Anche in Italia tutto sarebbe forse possibile, se qualcuno dall’esterno ci desse i soldi necessari, ma è vero il contrario.

L’Ue ci chiede, anzi, maggiori risorse per coprire deficit e debito, e tra un po’ scadono anche le clausole di salvaguardia, che comporterebbero, anzi, incremento dell’Iva e delle accise sui carburanti.

Nel caso di un esecutivo basato sul programma congiunto 5 stelle e lega, a meno di chiarissime indicazioni su dove reperire i fondi, per far fronte a tutto questo, senza basarsi sulla mera speranza di un rilancio economico, si rischia, quindi, che i mercati rompano quel clima di fiducia che sinora ha dominato, come evidenziato anche dalla curva dei rendimenti.

Ora o dopo l’esito di nuove, a questo punto probabili, elezioni, occorre che sia centrodestra che 5 stelle chiariscano coperture e prospettive economiche.

Nel caso di un governo di questo tipo, è quindi probabile che intervenga un quadro tecnico di debolezza sia su btp che su ftse mib ed altri indici azionari italiani, che su determinate conferme di rottura di livelli supportivi, consiglierebbe l’apertura di posizioni short anche di medio e lungo termine.

Quanto al PD, resta al momento fuori dei giochi.

Un suo rientro nelle ipotesi di compagini governative potrebbe determinare l’apporto di ministri come Padoan, preferiti dai mercati per indicazioni più attendibili, e potrebbe continuare quella ipotesi di resilienza, basata su una fiducia dei mercati compatibile con programmi basati su un maggior gradualismo.

Preciso che queste mie indicazioni non si basano su mie preferenze politico elettorali, ma su quanto solitamente, in passato, i mercati hanno espresso in relazione a diverse tipologie di esecutivo.

Resta un’ultima tipologia di esecutivo, anche se ne escludo la concreta possibilità, per i motivi già spiegati.

Quella di un governo tecnico.

Ma questo tipo di esecutivo probabilmente altro non farebbe che aggravare la pressione fiscale, soddisfacendo forse le richieste di bilancio in sede europea, ma rischiando di provocare seri danni alla crescita economica del paese.

Dopo una fase di future, probabilmente ravvicinate, elezioni, vincerebbero o i 5 stelle o il centrodestra.

Probabilmente tra le due opzioni, a quel punto i mercati preferirebbero il centrodestra, perché maggiormente in grado di assegnare ruoli di responsabiità economica ad esperti, in grado di mediare tra programmi e scenari compatibili con l’appartenenza all’eurozona.

I 5 stelle potrebbero o voler andare fino in fondo con il programma originario, che prevedeva l’uscita dall’euro, con tutte le conseguenze che possiamo immaginare, oppure, mantenendo l’Italia nell’eurozona, avrebbero comunque maggiori difficoltà nel conciliare contesto internazionale e programma politico, da cui il rischio di una crisi sui mercati.

 

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