Un focus per conoscere qual è la promettente scoperta per la cura delle malattie del nervo ottico e del glaucoma
Con un’Ansa del 4 agosto 2020 è stata data eco mediatica alla notizia di una promettente scoperta in ambito scientifico. La firma è quella di un team di ricercatori americani. Più nello specifico, a fare da apripista, dopo varie sperimentazioni, sono stati gli studiosi dell’università del Maryland, uno stato federato degli Stati Uniti d’America. L’ambito d’interesse è quello che ruota attorno alle patologie dell’occhio. Vediamo quindi di capire qual è la promettente scoperta per la cura delle malattie del nervo ottico e del glaucoma.
Il primato della scoperta
Da quanto appreso, per la prima volta, sono state isolate cellule staminali all’interno del nervo ottico. Ci si riferisce, cioè, al film di fibre nervose che porta le immagini dall’occhio al cervello. A capitanare la squadra di studiosi c’è Steven Bernstein e quanto scoperto potrebbe rappresentare l’anticamera per nuove cure delle malattie a carico del nervo ottico. Quindi ciò che ad oggi conduce alla perdita progressiva della vista, potrebbe ricevere grosso beneficio dalla ricerche in corso.
E il glaucoma rappresenta solo una delle varie patologie che potrebbero ricevere un impulso positivo dalla scoperta avvenuta nel Maryland. Per chi fosse interessato a scendere più nei dettagli tecnici della scoperta, si segnala che la pubblicazione, di cui in narrativa, è apparsa sulla seguente rivista di settore. Vale a dire la rivista: PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) e questa è la pagina a cui accedere per una lettura integrale del documento.
Dettagli
In questa sede ci si limita a qualche accenno riguardo a questo innovativo studio. I ricercatori hanno rilevato che tali cellule intervengono nella crescita e riparazione del nervo ottico. Tali cellule potrebbero, altresì, essere indotte a differenziarsi in diverse altre cellule. Nel glaucoma il nervo viene danneggiato dalla pressione intraoculare alta per ristagno di liquidi.
I risultati dello studio potrebbero quindi dare il là a dei cambiamenti di portata epocale. Tanto nell’ambito delle malattie legate all’avanzamento dell’età oculare, quanto a quelle legate alla perdita definitiva della vista. Insomma una nuova fonte di speranza per i milioni di pazienti affetti da significative e debilitanti patologie oculari.