Prospettive Economiche e dintorni

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PROSPETTIVE ECONOMICHE E DINTORNI

INTERVISTA A GIAN PIERO TURLETTI

 

PARTIAMO, IN QUESTA INTERVISTA, DALLE NOVITA’ IN FATTO DI RIPRESA ECONOMICA.

CHE NE PENSA?

Rispetto a tante notizie apparse sui media negli ultimi tempi, tutte più o meno dello stesso tenore, tra il pessimistico ed il negativo, relativamente alla situazione economica internazionale, va invece sottolineata quanto meno la novità di una almeno apparentemente confermata fase di ripresa per due paesi come Germania ed USA.

Novità positiva, sia per il ruolo di motori economici internazionali che i due paesi hanno storicamente, sia per la rottura di quel circolo vizioso, per cui la crisi di un paese impatta sugli altri, e così a ruota.

 

FUOCO DI PAGLIA O RIPRESA STRUTTURALE?

Diversi indicatori paiono deporre a favore della tesi di una ripresa duratura delle due economie.

La Germania, ad esempio, ha rappresentato una delle principali mete per gli italiani che sono emigrati per motivi di lavoro, in questi ultimi anni.

Segno, quindi, che il paese ha rappresentato opportunità occupazionali di un certo peso, mentre altri paesi hanno lasciato ancora spazio a crisi e disoccupazione.

 

QUALI LE RAGIONI DI QUESTA RIPRESA?

Germania ed Usa, va innanzi tutto ricordato come rappresentino storicamente economie che non puntano solo sul mercato interno, o su una limitata diversificazione su mercati internazionali, ma spaziando su mercati molto diversi, possono usufruire anche di quelle riprese della domanda, che in altri mercati sono invece assenti.

L’Italia, invece, soprattutto dopo il venir meno della possibilità di svalutazione competitiva della propria moneta, a seguito dell’adozione della moneta comune europea, ha perso le proprie tradizionali posizioni competitive, in certo qual modo, proprio su diversi mercati internazionali, a tutto vantaggio di Germania e Francia.

Ne consegue che mentre economie come quella tedesca e quella usa non richiedono, necessariamente, una ripresa dei consumi interni, per un effettivo rilancio economico, paesi come il nostro siano invece molto più dipendenti proprio dal mercato interno.

Non dobbiamo comunque dimenticarci di altri fattori.

 

A COSA SI RIFERISCE?

Esistono da sempre paesi strutturalmente più forti ed altri più deboli, da un punto di vista economico.

Quando l’economia si basa sulla possibilità di disporre in larga misura di materie prime  non importate, su un sistema industriale di trasformazione delle stesse, e su  una rilevante componente di imprese dotate di sufficiente autonomia patrimoniale, nel suo complesso, è strutturalmente più idonea a contenere le spinte recessive del ciclo economico, rispetto ad economie, come la nostra, che non possono contare in misura rilevante su materie prime di estrazione locale, né su un significativo numero di aziende di una certa dimensione e dotate di sufficiente autonomia patrimoniale.

In Italia, infatti, possiamo ancora parlare di un sistema economico fondato in gran parte su pmi e sui servizi.

Anche per questo possiamo dire che la debolezza strutturale del nostro sistema, considerato in rapporto ad altri, ha le sue cause storiche.

 

ED I RIFLESSI SUI MERCATI?

Mi sembrano evidenti.

L’economia tedesca potremmo dire che più che una recessione, ha conosciuto un periodo di stagnazione, con una successiva ripresa, ed almeno in parte analoga è la situazione statunitense.

I risvolti sui mercati si sono visti.

Mentre successivamente ai minimi del 2009, i nostri indici azionari hanno vissuto una vera e propria lateralità dei corsi, certo una situazione ben diversa ha riguardato i listini statunitensi ed il tedesco Dax.

 

E CONSIDERANTO PROPRIO LA SITUAZIONE TECNICA DEI MERCATI, A SUO AVVISO QUALE PRESENTA CARATTERISTICHE TECNICHE DI PARTICOLARE INTERESSE?

Tra tutte le situazioni tecniche che potremmo approfondire, mi pare particolarmente interessate quella dell’indice Dow Jones, che pare aver raggiunto livelli di resistenza dinamica di lunghissimo termine.

Normalmente, si potrebbe dubitare del proseguimento del rialzo, in vista proprio di questa sorta di ipercomprato grafico, che è stato raggiunto dall’indice.

Tuttavia, va sempre ricordato che non basta il raggiungimento di determinati livelli, per decretare un’inversione del trend.

Direi, quindi, che occorre fare attenzione a determinati indicatori, come il signal indicator, e considerare avvenuta un’inversione del trend solo in caso di segnale confermato da tale algoritmo.

In ogni caso, anche sul piano grafico, l’arretrare da determinati livelli di resistenza potrebbe essere un segnale di alert, mentre l’inversione avverrebbe solo al di sotto di determinati supporti di lungo termine, ma è sicuramente prematura una prospettiva di questo tipo.

 

A SUO AVVISO, E’ PREVEDIBILE QUALCHE RIFORMA FINANZIARIA RILEVANTE, A BREVE?

Negli ultimi due anni, talune riforme, tra cui i fondi cosiddetti salva stati, sono state recepite in sede UE.

In tale contesto sono rientrati anche piani finanziari di appoggio a banche in difficoltà, ed in un certo senso ha rappresentato una riforma anche il diverso atteggiamento della BCE verso temi come inflazione e crescita.

Ora la grande sfida che abbiamo di fronte è la crescita economica.

Questi anni di crisi hanno sicuramente insegnato come il debito pubblico sia difficilmente sostenibile senza crescita ed ora sono possibili ulteriori riforme a sostegno di tale prospettiva.

 

E SUL FRONTE INTERNO, IN ITALIA?

Pare ormai certo quanto meno un rinvio dell’IMU.

Si tratta, in certo qual senso, di un tentativo di inizio di una diversa politica fiscale, a favore della crescita, o comunque meno recessiva, rispetto all’impostazione del governo Monti.

Ora si tratta di vedere come verrà attuata la riforma definitiva, annunciata nelle intenzioni, su questo ed altri temi.

Mi auguro che si proceda velocemente ad operazioni quanto meno di cartolarizzazione relative a immobili pubblici, partecipazioni societarie, nonché eventualmente anche con riferimento alla riserve aurifere, al fine di reperire risorse destinate allo sviluppo.

 

INFINE, UNA DOMANDA SULL’EVENTUALE RICORSO A POLITICHE ECONOMICHE NEOKEYNESIANE.

LEI CHE NE PENSA?

Occorre innanzi tutto chiarire che si tratterebbe, in buona sostanza, di nuovi programmi di investimenti pubblici, ad esempio in infrastrutture, al fine di rilanciare l’economia.

Certo, alcuni programmi non possono che essere gestiti da enti pubblici, come le infrastrutture del trasporto locale e nazionale.

Tuttavia, vedo diverse criticità rispetto ad una prospettiva favorevole a generalizzare il concetto che gli investimenti pubblici possano essere particolarmente efficaci sul piano del rilancio economico, per diversi motivi.

Innanzi tutto, va ricordato come, in assenza del potere sovrano di uno stato di emettere moneta, per finanziare tali programmi, le alternative sono solo il ricorso all’emissione di nuovo debito pubblico o, in alternativa, il ricorso a nuova imposizione fiscale.

Come noto, tale restrizione monetaria porta quanto meno a tensioni sul fronte dei tassi, per cui a fronte di iniziative industriali, come quelle tipiche, a suo tempo, delle partecipazioni statali, verrebbe da pensare che l’acuirsi delle tensioni sui tassi portino a ritenere poi più convenienti investimenti di natura finanziaria agli altri operatori del mercato.

Inoltre, proprio le manovre che dovrebbero consetire liquidità al sistema, rischiano di imbrigliarlo in una stretta monetaria controproducente.

Del resto, anche sostenitori delle teorie keynesiane negli USA hanno riconosciuto che politiche neokeysiane non portarono a risultati positivi, come dimostrano anche alcune esperienze della presidenza Obama.

Va peraltro ricordato come lo stesso Keynes le ritenesse politiche utili per il breve termine, non certo da destinare al lungo termine, soprattutto a fronte di bilanci pubblici in situazioni di difficoltà.

 

 

 

 

 

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