La giustizia italiana è troppo lenta. Lo si dice ogni giorno, quando vediamo che le nostre liti giudiziarie non trovano mai una fine. Quindi il problema reale della giustizia italiana è il seguente: abbiamo processi che durano una vita: quale risarcimento garantisce lo Stato per questi disagi e danni, che deve subire il cittadino? Ebbene, nella realtà la risposta, basata sui fatti, non è per nulla incoraggiante. Infatti, il risarcimento riconosciuto a coloro che sono stati danneggiati dall’irragionevole durata del processo, si attesta su importi minimi ed arriva troppo in ritardo.
La vicenda giudiziaria di riferimento
Tra i tantissimi casi giudiziari che pendono ogni giorno innanzi alle Corti di Appello, competenti a liquidare il danno in discorso, possiamo prendere in esame un caso particolare. E’ quello presentatosi innanzi alla Corte d’Appello di Catanzaro che, in accoglimento di un ricorso presentato ai sensi della Legge Pinto, ha condannato il Ministero della Giustizia per 8.400,00 euro (pari a 400 euro per anno di ritardo).
Questa è stata la somma riconosciuta al socio di una società commerciale, dichiarata fallita nel 1992, e quindi assoggettato a tale status per quasi 30 anni. Il decreto, quindi, ha rappresentato lo spunto per una riflessione sulla inefficacia dello strumento riconosciuto alle vittime dei processi eccessivamente lunghi. Ciò in quanto esso esprime la tendenza della giurisprudenza a riconoscere, in siffatti casi, un risarcimento nella misura minima.
Cosa è successo nel corso degli anni
Processi che durano una vita: quale risarcimento garantisce lo Stato per questi disagi? Al riguardo si può dire che fino al 2015 c’era una maggiore considerazione per questo tipo di danno. E ciò per il fatto che le somme risarcite erano più adeguate. Negli ultimi anni, invece, il quantum è stato sensibilmente ridotto.
Ciò a causa di un intervento legislativo poco garantista in questo senso, che ha fissato l’ammontare dell’indennizzo da un minimo di 400,00 a un massimo di 800,00 euro, per ogni anno di ritardo. Si tratta della legge n. 208/15, che ha disciplinato la materia a partire dal 1° gennaio 2016.
Senonché, in seguito a questa riforma della disciplina, la giurisprudenza ha assunto la tendenza ad andare al ribasso, riconoscendo somme davvero esigue ai malcapitati. A questo aggiungasi l’ulteriore aggravante che, quasi mai, il Ministero della Giustizia ottempera al decreto di liquidazione e che quindi bisogna esperire il giudizio di ottemperanza. Ciò comporta la necessità di rivolgersi ad un altro giudice, quello amministrativo, per poter eseguire la sentenza di risarcimento.
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