Petrolio: rivisto al ribasso da Goldman

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Il petrolio sempre più ballerino. Tra alti e bassi, nel 2018 è riuscito a far sperare per un ritorno ai 100 dollari al barile ma anche a far temere un mercato orso. Il tutto in meno di 5 settimane.

Le incertezze sul petrolio

Partendo da questo punto Goldman Sachs ha deciso di ridurre le previsioni del prezzo del petrolio per il 2019. Tante, troppe, le variabili che ne determinano il prezzo. Ma ancora di più gli imprevisti che possono accadere sul delicato equilibrio di domanda e offerta. In particolare i timori gravano sul Brent visto in media a 62,50 dollari al barile per il 2019. Le precedenti proiezioni, invece, parlavano di 70 dollari. Ma in calo viene visto anche il suo corrispettivo statunitense. L’US West Texas Intermediate (WTI) dovrebbe raggiungere una media di $ 55,50. Anche in questo caso si parla di un ribasso rispetto a una stima precedente di $ 64,50.

I motivi dei timori di Goldman

Alla base della decisione, un aumento della produzione globale e una crescita di scisto statunitense sorprendentemente resiliente. A poco, quindi, potranno servire le decisioni dell’ultima ora da parte dell’Arabia Saudita. Ryad, primo produttore all’interno dell’Opec, aveva infatti deciso di tagliare di 800mila barili al giorno le esportazioni. Il tutto all’interno di un più ampio quadro di tagli a sua volta deciso in seno all’Opec+, cioè i paesi membri dell’Opec insieme ad altre potenze petrolifere.

Le decisioni Opec

Alla fine del 2018, infatti, L’Opec ed altri produttori, in primo piano la Russia, si erano accordati per una diminuzione della produzione di 1,2 milioni di barili al giorno. Una decisione che era immediatamente piaciuta ai mercati salvo poi scoprire che i tagli sarebbero rimasti in vigore solo per i prossimi 6 mesi. Non solo, ma gli b allo stato attuale delle cose, non sembrano essere intenzionati a rallentare la propria produzione di scisto. Anzi, i numeri suggeriscono esattamente il contrario. Washington infatti ha visto un +20% sulla sua produzione. Lo shale oil Usa ha quindi toccato quota 12 milioni di barili al giorno alla fine del 2018.

Usa e Cina: i punti interrogativi

Ad esacerbare la situazione anche la guerra commerciale tra Usa e Cina. Una guerra che ha avuto tra le prime conseguenze un peggioramento delle prospettive di crescita e di produzione a livello mondiale. A tutto discapito della domanda di petrolio. Qualche speranza sembra arrivare dal riaprirsi dei colloqui tra Pechino e Washington. Spiragli che hanno portato una ventata di ottimismo anche sul greggio sebbene le incertezze circa un esito positivo permangano. Attualmente il Brent vede un +1,5% che porta le quotazioni a 58,5 dollari al barile. Bene anche il Wti +1,4% pari a 49,2 dollari al barile.