I wafer sono un ottimo spuntino. Merenda gradita sia dai grandi che dai piccini, possono perfettamente sopperire ai nostri repentini cali glicemici.
I wafer sono spesso consumati quindi a merenda, magari bagnandoli nel thè (focus di ProiezionidiBorsa sui thè da evitare). Energia condensata in un parallelepipedo di sapori, ci fa sicuramente pensare ai Paesi del Nord. Austria, Germania, o anche solo Trentino Alto-Adige. In Belgio c’è la versione dei gauffres che assomiglia molto, in parole ed oggetto, proprio ai wafer.
Tuttavia, su molte confezioni di wafer commercializzate in Italia, c’è una parola che ci lascia sempre di stucco. Napolitaner, Napoli, o qualsiasi cosa che ci faccia pensare alla città partenopea. Com’è quindi possibile che su dei dolci nordici ci siano tutti questi riferimenti a Napoli? Ecco perché sui wafer c’è spesso scritto Napolitaner.
Storia di un’eccellenza italiana, la nocciola di Avella
Lo scrittore e divulgatore Roberto Mercadini ha recentemente pubblicato una riflessione che risponde proprio alla nostra domanda.
In sintesi, si tratta di una storia che noi italiani conosciamo male. Stiamo parlando della storia delle nocciole, che spesso associamo alle Langhe piemontesi e alla famosissima tonda gentile. Quella che ha creato la Nutella e tante altre creme spalmabili.
Tuttavia, in pochi sanno che le nocciole in Italia hanno una grande tradizione in Campania, e specialmente attorno alla città di Avella. In spagnolo, nocciola si dice avellana, per esempio. La tradizione dolciaria napoletana ha naturalmente usato questa eccellenza, e un esempio tipico è proprio quella della deliziosa napoletana.
Veniamo a noi. A fine ottocento un’azienda austriaca, la Manner, ha lanciato in commercio dei wafer farciti con la migliore crema di nocciole esistente all’epoca. Naturalmente, le nocciole che avevano scelto erano proprio quelle di Avella. Quindi, Napolitaner, è non solo un omaggio, ma proprio una rivendicazione dell’origine delle nocciole usate. Ecco Perché sui wafer c’è spesso scritto Napolitaner.