Perchè sono rischiosi i versamenti in contanti sul conto corrente ?
Versare in banca somme in contanti è un’operazione rischiosa in quanto può costituire oggetto di interesse da parte del Fisco. Il rischio di una segnalazione per detti versamenti scatta tutte le volte in cui la somma depositata non trova menzione nella dichiarazione dei redditi. Il problema sussiste quando il correntista non può dimostrare la provenienza del denaro. In questi casi, infatti, il Fisco è autorizzato, per legge, a sospettare che il denaro sia frutto di “nero”. La norma di riferimento è rappresentata dall’articolo 32 del Testo unico sulle Imposte Sui Redditi. Essa attribuisce all’Agenzia delle Entrate il potere di ritenere che tutti i versamenti di contanti sul conto corrente bancario costituiscono reddito imponibile. Per essi si intende, ad esempio, i proventi di attività lavorativa che sono, come tali, tassabili.
Perchè sono rischiosi i versamenti in contanti sul conto corrente e per il contribuente che versa contanti in banca si aprono quindi due alternative. Una è quella di indicare la somma sulla propria dichiarazione dei redditi e pagarvi le tasse. La seconda è dimostrare che si tratta di un reddito non tassabile perché esente o già tassato alla fonte da chi lo ha erogato. In assenza di dette giustificazioni scatta così un accertamento fiscale per evasione.
In questo caso, l’Agenzia delle Entrate, anziché chiamare il contribuente dinanzi all’ufficio per fornire spiegazioni, gli comunica direttamente l’atto impositivo. Quindi, un altro rischio è connesso al tipo di procedura, fondata sul semplice sospetto, in quanto caratterizzata dal fatto che scatta direttamente l’accertamento. Infatti è solo dopo la notifica dell’atto già direttamente lesivo che il contribuente è chiamato a difendersi.
Perchè sono rischiosi i versamenti in contanti. Come avviene l’accertamento
Quindi, a fronte dell’incongruenza su indicata, il Fisco, notificherà direttamente un accertamento. Rispetto ad esso l’interessato spetterà difendersi, avviando una contestazione dinanzi al giudice o all’ufficio medesimo. Per questi tipi di accertamento, come detto, assistiamo ad un sovvertimento dell’onere della prova. Cioè, deve essere il contribuente a dare la prova contraria della presunzione legale circa la tassabilità delle somme versate sul conto. La segnalazione dei versamenti di contanti viene fatta dalla stessa banca che comunica, annualmente, all’ufficio delle imposte, tutti i rapporti in essere con i propri clienti.
Si tratta di: conti, depositi, libretti, cassette di sicurezza, gestione titoli, ecc.. Questi dati vengono inviati in un database, il cosiddetto Registro dei rapporti finanziari, che è una sezione dell’Anagrafe tributaria. In esso, finiscono tutte le movimentazioni in entrata (bonifici, versamenti) e in uscita (pagamenti, prelievi). Cosicchè, una volta che l’Agenzia riscontri un versamento in contanti in banca, verificherà se il contribuente lo ha indicato nella propria dichiarazione dei redditi. In caso negativo, notificherà un atto impositivo, ossia un accertamento. In esso, viene intimato il versamento delle imposte evase e delle relative sanzioni.
Come difendersi
Una volta ricevuto l’accertamento, il contribuente dovrà muoversi nel modo seguente. Egli, dovrà provare che tali somme non andavano riportate nel 730. E ciò o perché erano da ritenersi esenti da tassazione o perché sono state già tassate alla fonte. Nel primo caso, spetterà dimostrare che si tratti di redditi esenti. Tali sono i contanti derivanti da donazione, da risarcimento, dalla vendita di un oggetto usato o da altro provente, per legge, esente da tassazione. Nel caso, invece, di redditi già tassati alla fonte, bisognerà provare che l’importo è stato già percepito al netto delle imposte. Si pensi a una vincita al gioco, alle scommesse, ai risarcimenti per perdita di reddito, ecc. Tutte queste prove richiedono la forma scritta e la data certa. Questo esclude, quindi, la possibilità di fornire giustificazioni attraverso semplici testimonianze o autodichiarazioni.