L’attuale fase economica è caratterizzata da un possibile ritorno dell’inflazione e da un potenziale rialzo dei tassi d’interesse. Dinamiche poste sotto stretta osservazione da parte degli analisti per le possibili implicazioni negative anche e soprattutto sul comparto azionario.
Ma perché l’inflazione causa discese dei titoli azionari?
I titoli azionari sono soggetti a dinamiche rialziste e ribassiste, legate a cicli di espansione economica e recessione.
Ma, visto che hanno un valore intrinseco, calcolabile con diversi metodi, non sono solo le prospettive del ciclo economico ad impattare significativamente sulle quotazioni dei titoli. Infatti tra le componenti dei modelli di valutazione troviamo spesso proprio i tassi di interesse, legati, come noto, alle prospettive sull’inflazione.
Alla domanda perché l’inflazione causa discese dei titoli azionari?, dobbiamo quindi rispondere, innanzi tutto richiamando che con prospettive di inflazione in ripresa si determinano anche aspettative su una ripresa dei tassi d’interesse.
Infatti le banche centrali, per tentare di contrastare riprese dell’inflazione oltre un certo tasso, seguono solitamente politiche restrittive, basate, per un verso, proprio su rialzi dei tassi. E per altro verso su programmi di vendita di titoli di Stato, per drenare liquidità dal sistema economico. Il che porta a ulteriori rialzi dei tassi.
Ma cosa succede ai titoli azionari con un rialzo dei tassi?
Uno dei metodi più diffusi per calcolare il valore intrinseco di un titolo azionario è il cosiddetto modello FED, che consiste nella capitalizzazione di una rendita.
Questo significa che, dato un determinato utile, si vuole calcolare quale sia il capitale necessario per generarlo, se l’utile esprime un determinato tasso di rendimento del capitale.
In altri termini se, ad esempio, 10 è l’utile generato da un determinato capitale, ci domandiamo a quanto deve ammontare un capitale sufficiente a generare questo utile di 10, se il rendimento sul capitale è il 10 per cento.
Ovviamente il capitale sarà 100.
La formula per ottenere questo risultato è semplice: 1/i, dove i rappresenta il tasso di rendimento espresso in forma decimale.
Rendimento in forma decimale significa, ad esempio, che un tasso del 10 per cento, si scrive come 10/100, ossia 0,1.
Il risultato ci restituisce il p/e di equilibrio, cioè ci indica quante volte il prezzo di un’azione, o i corsi di un indice azionario, devono incorporare l’utile per azione, per esprimere un determinato rendimento.
Nella formula a 1 possiamo sostituire l’utile per azione del titolo considerato, ed otteniamo subito il risultato relativo alla stima del suo valore intrinseco.
E il risultato esprimerà quindi quella che dovrebbe rappresentare la corretta quotazione di un titolo.
Un esempio
Va premesso che esistono almeno due scuole di pensiero sul tasso da utilizzare nella formula sopra considerata.
Secondo il modello FED originario, dovrebbe trattarsi del tasso dei titoli di Stato decennali del Paese in cui è quotato il titolo o indice.
Tuttavia tale modello è stato criticato, per non tener conto di un maggior rischio azionario, rispetto alla detenzione di titoli di Stato, considerati investimento a rischio zero.
Per tale motivo, si è ritenuto di usare un tasso costituito dalla somma del rendimento dei titoli di Stato a 10 anni. A cui, poi, aggiungere un cosiddetto premio per il rischio, per convenzione pari al 5 per cento, come sovrarendimento per il maggior rischio azionario.
Immaginiamo quindi un titolo azionario con un utile per azione pari a 100.
Come cambia la sua quotazione, senza alcuna modifica dell’utile netto, ma solo in base ad un diverso tasso di interesse dei titoli di Stato decennali?
Ipotizziamo di passare, ad esempio, da un tasso dello 0,7 per cento, ad un tasso dell’1,3 per cento.
Applicando la formula sopra descritta, avremo, come prima valutazione:
100/0,057, da cui otteniamo 1754,38.
Non abbiamo fatto altro che considerare il tasso dei titoli di Stato, 0,7 per cento, cui abbiamo aggiunto il rendimento del 5 per cento, come premio per il maggior rischio azionario.
Abbiamo ottenuto 5,7, che poi abbiamo diviso per 100, ottenendo 0,057.
Abbiamo infine diviso l’utile per azione, pari a 100, per 0,057, ed ottenuto il risultato finale.
Spiegati i singoli passaggi, facciamo ora la stessa cosa, con un tasso dei titoli di Stato dell’1,3 per cento.
Quindi avremo: 100/0,063, da cui otteniamo 1587,3.
La valutazione del titolo scende quindi di circa il 10 per cento, a fronte di un incremento dei tassi di mezzo punto percentuale.
Abbiamo quindi spiegato, in questo articolo, a proposito del perché l’inflazione causa discese dei titoli azionari, alcune dinamiche che riguardano le valutazioni dei titoli azionari e l’impatto di un fattore, come i tassi di interesse, su tali valutazioni.
A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT“