Per le sanzioni tributarie, brutta sorte per il contribuente. E’ sufficiente aver commesso la violazione e la colpa si presume. Sarà il contribuente a dover dimostrare l’assenza di colpa.

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Per le sanzioni tributarie, brutta sorte per il contribuente. E’ sufficiente aver commesso la violazione e la colpa si presume. Sarà il contribuente a dover dimostrare l’assenza di colpa.

Andiamo ai fatti.

Le sanzioni tributarie in realtà possono essere comminate anche al contribuente in buona fede. Ciò in quanto in tema di obblighi fiscali, la legge e la giurisprudenza richiedono ad ogni contribuente l’adempimento di precisi obblighi per ciascuna imposta. Tali obblighi possono consistere nella fatturazione o emissione dello scontrino elettronico, nella presentazione di una dichiarazione Irpef, Ires, Iva o di altri tributi. Oppure si può trattare dell’esecuzione di versamenti e dell’effettuazione di comunicazioni all’Amministrazione finanziaria. Gli adempimenti cui assolvere sono tantissimi e talvolta sono per dimenticanza o distrazione, se ne può tralasciare qualcuno. Altre volte, la difficoltà può dipendere dalla complessità delle norme tributarie.

Tuttavia, il Fisco, in questi casi, applica sanzioni pecuniarie, senza che rilevino le difficoltà, le incongruenze e i problemi interpretativi. Quindi, per le sanzioni tributarie, brutta è la sorte del contribuente in quanto è sufficiente aver commesso la violazione e la colpa si presume. Sarà, poi, il contribuente a dover dimostrare l’assenza di colpa.  In altri termini, non è necessario che vi sia stata una volontà di evadere le imposte ma solo che ciò sia, di fatto, accaduto. Per i reati tributari, invece, il discorso è diverso in quanto elemento strutturale necessario per la configurazione del reato è l’elemento soggettivo. Quest’ultimo può essere rappresentato dal dolo o dalla colpa.

Come può difendersi il contribuente in buona fede

La buona fede del contribuente, detta anche affidamento, è uno dei principi cardine dell’ordinamento tributario, riconosciuto dallo Statuto dei diritti del contribuente. La norma che se ne occupa impone che i rapporti tra i contribuenti e l’amministrazione finanziaria siano improntati al principio di collaborazione e buona fede. Quanto alle sanzioni tributarie, è previsto l’esonero del contribuente solo in caso di obiettiva incertezza normativa. In altre parole, non soccorre la sanzione se la norma non è chiara. Sulla questione, invece, della consapevolezza di commettere la violazione, occorre chiedersi se essa sia necessaria o meno.

A volte può accadere che l’errore, l’inadempimento o l’omissione siano commessi dal commercialista. In tal caso, gli errori dell’intermediario ricadono sul contribuente, anche se incolpevole. Quest’ultimo, potrà, però, agire in rivalsa verso il primo, per ottenere il risarcimento dei danni. Al di là di queste ipotesi, il contribuente può ottenere la disapplicazione delle sanzioni se riesce a dimostrare l’assenza di colpevolezza nel momento in cui ha commesso la violazione contestatagli dal Fisco. Nella legge generale sulle sanzioni amministrative, che comprende anche quelle tributarie, esiste, infatti, una norma che rende necessaria la presenza dell’elemento soggettivo della violazione. Il medesimo principio è contenuto nella legge sulle sanzioni tributarie.

Ciò che risulta difficile, però, è provare l’assenza di colpa, ossia di aver usato tutta la diligenza necessaria per rispettare l’obbligo prescritto.

Nonostante ciò, però, questo sia rimasto disatteso per un motivo che non rientra nella capacità di controllo del contribuente.

Tuttavia, nonostante la sussistenza di un referente normativo, sia l’amministrazione finanziaria che la giurisprudenza tributaria tendono a circoscrivere l’ambito di operatività delle predette norme. Il tutto perchè opera una presunzione di colpa in capo al contribuente, al quale spetta l’onere di fornire la prova contraria. A tal uopo, occorrerà provare che sussiste buona fede. Si tratta, come è evidente, di una prova alquanto labile fatta di elementi precisi, tangibili e constatabili che avrebbero impedito di mantenere l’obbligo tributario. Quindi, per ribadire il concetto cardine del discorso: per le sanzioni tributarie, brutta è la sorte del contribuente. Infatti, è sufficiente aver commesso la violazione affinchè la colpa si presuma. Sarà, quindi, il medesimo a dover dimostrare l’assenza di colpa e, come indicato, questa si configura come prova ostica.

Tuttavia, rappresenta l’unica via disponibile, considerato che anche la recente sentenza della Cassazione tributaria, n. 16463 del 31 luglio 2020, lo ha ribadito. Non a caso, in coerenza con l’orientamento pregresso, la medesima ha concluso che è sufficiente una condotta cosciente e volontaria dell’evasore. Non occorrerebbe la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, né tantomeno di una volontà di evasione di imposta, anche a mero titolo di tentativo. Ciò semplicemente perché la norma pone una presunzione di colpa per l’atto vietato a carico di colui che lo abbia commesso.