Si ci chiede se per i prestiti fatti durante il Covid, sia possibile la rinegoziazione della durata del finanziamento, ad esempio allungandolo. Ebbene, è il caso di dire che per i finanziamenti concessi sulla scorta del decreto di liquidità n. 23 del 2020, non è prevista la possibilità della rinegoziazione. Ciò, per due motivi. Anzitutto, perché esso prevedeva la possibilità di ottenere la garanzia diretta dello Stato, nella misura dell’80% dell’importo garantito, per la rinegoziazione di finanziamenti già esistenti.
Tuttavia, questa doveva avvenire con l’erogazione di un nuovo finanziamento che prevedesse la corresponsione di un credito aggiuntivo, in misura pari ad almeno il 10% dell’importo del debito accordato originariamente. Il tutto, a favore dello stesso soggetto destinatario del prestito. In definitiva, il finanziamento Covid, non prevedeva la possibilità di una sua rinegoziazione ma solo quella di uno già in essere, al momento dell’emissione del decreto.
La seconda ragione della risposta negativa alla domanda, poi, è assorbente rispetto alla prima. Infatti, se mai fosse stata possibile la rinegoziazione dello stesso finanziamento Covid, la scadenza per richiederla, sarebbe stata il 31 dicembre 2020. Ciò in quanto quest’ultimo era il termine generale entro cui il decreto liquidità prevedeva la possibilità delle rinegoziazioni.
Ma perché, in effetti, non sarebbe consentita la rinegoziazione?
La ragione per la quale per i prestiti fatti durante il Covid non è possibile la rinegoziazione, è spiegabile nel modo che segue. Si tratta, infatti, di crediti garantiti dallo Stato, rispetto ai quali l’eventuale prolungamento della rateizzazione, comporterebbe un maggiore onere di spesa. In caso di prolungamento del prestito, infatti, lo Stato garantirebbe la somma per un periodo di tempo maggiore. Ciò, però, a fonte di un provvedimento aggiuntivo, che, ad oggi, non sembra esistere.
Senonché, l’interessato potrebbe percorrere una diversa strada, che è quella di tentare di giungere ad accordi con la banca, per ottenere la rinegoziazione. Il tutto, mediante un accordo tra le parti, che prescinda dalla garanzia dello Stato, ove cioè il rischio di insolvenza ricada sulla banca. Detto accordo si potrebbe proporre all’istituto di credito, anche invocando le clausole generali sulla buona fede e correttezza nell’esecuzione dei contratti, che imporrebbero proprio la rinegoziazione delle clausole del prestito al consumo.
Diversamente, considerato il prolungarsi del periodo emergenziale, si potrebbe attendere un intervento legislativo che colmi proprio la discorrenda lacuna. Non è improbabile, infatti, che il Governo intervenga, in un secondo momento, a tener fronte ad un’esigenza diffusa che riguarda, appunto la necessità espressa dai più, di rinegoziare i termini del prestito.