Partite Iva e bonus 600 euro truffato: lo Stato ponesse un argine

Partite iva e bonus

Partite Iva e bonus 600 euro truffato: lo Stato ponesse un argine. Il motivo? E’ presto detto. Avevamo appena parlato della condizione di molti liberi professionisti (al secolo freelancers, ovvero …partita Iva) e della loro condizione di lavoratori e cassaintegrati. Ma già dobbiamo aggiungere dell’altro che li riguarda ma che conserva sempre un minimo denominatore: la beffa. Vediamo di capire di più in merito alle partite Iva e bonus 600 euro truffato: lo Stato  ponesse un argine.

In principio la Cig mascherata da smart working

Quello che da tempo si legge e segue sui social è la storia di diverse partite Iva tenute a casa in modalità doppia. Casa integrazione sulla carta, smart working nel segreto delle proprie abitazioni. Anche se col “consenso” diretto dei freelancers. In tal modo la retribuzione mensile aziendale viene “ovviamente” corretta del sussidio Inps incassato. Cioè una parte di stipendio va a carico della collettività, il residuo lo riconosce l’azienda. Una soluzione questa che sappiamo bene come per legge non sia possibile: se si percepisce l’ammortizzatore sociale si resta a casa …a riposare.

Poi …l’evoluzione del raggiro

Ma a scorrere le storie che si raccontano sui social sembra che al peggio non ci sia mai fine. Questo è il caso di chi, iscritto alla gestione separata, e per questo considerato “autonomo”, si è visto invece truffare del bonus dei 600 euro. Quello previsto dal Governo Conte e che sarebbe servito a ristorare la loro situazione. Bene, cos’è successo? Dalle storie emerse sui social si evince come le aziende che non possono ricorrere alla Cig abbiano chiesto ai dipendenti (pardon: partite Iva) la restituzione del bonus. L’impossibilità del ricorso alla Cig è evidente: se l’azienda Alfa dichiara di avere tutto lo staff in “modalità partita Iva”, chi va a mettere in Cig? Il meccanismo finale è poi molto semplice. A fine mese, al momento della redazione della fattura (ossia della ricezione del cedolino, ma camuffato da fattura), si detrae l’importo subito. Elementare.

Partite Iva e bonus 600 euro truffato: lo stato  ponesse un argine

In realtà quello fa più rabbia è che si tratta molto spesso di una platea di “indifesi”, che in nome dell’autonomia in sostanza si ritrova pochissimi diritti. No ferie retribuite, no TFR, no malattie, etc. Insomma, davvero tanto e troppo per far finta di niente. Spesso poi vince anche la paura nel ribellarsi: il rischio di restare disoccupati è alto. Ma ancor di più lo è quello di non trovare un altro impiego, in un momento in cui le aziende licenziano volentieri e “con piacere”, ma non assumono. L’economia è in seria difficoltà e ognuno protegge quel piccolo orticello che si ritrova tra le mani.

Purtroppo quella descritta sembra una storia al limite tra “una guerra per la sopravvivenza” e un approfittarsi di chi a priori sembra essere già il debole. L’ideale, come sempre, sarebbe che lo Stato (o almeno qualche forza politica) s’interessasse di questa platea di lavoratori. Peraltro fatta di milioni di persone, non già frange o nicchie all’interno del mondo del lavoro. E comprendesse come a perderci sono in tanti. La collettività, per l’uso indebito delle risorse pubbliche erogate tramite i sussidi. E i milioni di lavoratori assoggettati a partita Iva, che si ritrovano sempre a occupare l’ultimo anello della catena.