Oro I perchè di un ribasso annunciato

ProiezionidiBorsa

INTERVISTA A GIAN PIERO TURLETTI
ORO: I PERCHE’ DI UN RIBASSO ANNUNCIATO

Iniziamo proprio partendo dal titolo, quindi parliamo del
ribasso dell’oro, tema centrale di questa intervista.
Per molti è giunto improvviso.
Nelle sue previsioni, invece, da tempo veniva indicata una
struttura ribassista di lungo.
Ce ne può spiegare i motivi?
Da tempo avevo individuato sull’oro una configurazione
distributiva, per molti aspetti simile a quella formatasi
sull’indice COMIT dopo il massimo a 908 punti, per poi
crollare sino a 423.
Questa indicazione, unitamente ad analisi cicliche ed
algoritmiche, mi faceva ritenere probabile un’inversione
di lungo, e forse anche lunghissimo termine, che i movimenti
recenti stanno confermando, anche con la repentina  caduta
degli ultimi tempi.

Ma questo ribasso così repentino ha anche della ragioni
economiche?
Direi di si, sia in termini macroeconomici, sia come
conseguenza di talune prospettive relative alla politica
economica dei governi nel prossimo futuro.

A cosa si riferisce?
Tradizionalmente, l’oro rappresenta un cosiddetto bene
rifugio, in particolare visto come tutela efficace nei
confronti dell’inflazione.
Ma le principali economie occidentali si trovano, ormai da
alcuni anni, in una fase recessiva, che semmai presenta
caratteristiche deflattive, e non certo inflattive.
Di qui una corsa sempre meno rilevante all’acquisto di
oro, che era non a caso entrato in una fase distributiva di
medio e lungo termine a partire dal 2011, segno evidente che
il mercato non era più squilibrato sul fronte della
domanda.
Ed anche il trend di acquisto di oro da parte delle banche
centrali, stava cedendo il passo al trend opposto.

Ma questo spiega anche il repentino crollo di questi ultimi
tempi?
Direi di no, nel senso che su questo ribasso hanno
soprattutto pesato le aspettative sulle prossime misure di
politica economica, che potrebbero essere prese dai governi
occidentali, per affrontare il problema del debito pubblico.
In tal senso, potremmo dire che l’esempio di Cipro, con la
prospettiva della vendita delle riserve aurifere, ha aperto
la porta alla possibilità che una tale misura venga presa
da diversi governi, con un’evidente previsione
dell’impennata di vendite sul mercato, del tutto
analogamente al discorso immobiliare, relativo alla
dismissioni di immobili pubblici.

Ma a suo giudizio, tale misura potrebbe essere assunta anche
dal governo italiano?
A dir la verità già era nel programma economico di
Tremonti la vendita di parte delle riserve aurifere
italiane, ma non è un problema tecnico di facile
soluzione, e soprattutto per questi motivi, tale idea era
stata abbandonata.

Ci può dettagliare meglio tale problema e capire le
conseguenze per l’economia italiana?
In effetti, questo tema richiede una suddivisione in più
sottotemi, che implicano aspetti sia giuridici, sia
economici.
Sotto l’aspetto giuridico, il problema inizia con la
privatizzazione delle banche, che tuttora sono i principali
soci di riferimento della banca d’Italia, in quanto da
tale privatizzazione è poi nato il problema fondamentale
di capire chi sia il soggetto titolare delle riserve
aurifere detenute dalla banca centrale.
Secondo taluni giuristi la proprietà sarebbe pubblica, ed
in ogni caso la privatizzazione delle banche non centrerebbe
nulla con il discorso delle riserve aurifere, ma secondo
altri le cose stanno diversamente.
A mio avviso, il problema si pone invece in termini diversi.
Chiaramente la banca d’Italia continua ad essere istituto
di diritto pubblico, con tutti quei limiti e quelle deroghe
alla libera proprietà privata, che appunto valgono nel
diritto pubblico.
Il vero problema, quindi, consiste semmai nel fatto che il
trattato istitutivo UE pone fondamentali garanzie a tutela
dell’autonomia della banca d’Italia, autonomia che
verrebbe lesa, se ad esempio il governo decidesse di far
vendere parte delle proprie riserve aurifere, o valutarie, a
bankitalia, anche se il problema potrebbe essere risolto.

Ma si potrebbe veramente ricorrere alla vendita di parte
delle riserve aurifere?
Direi di si, in quanto si tratta solo di rivedere talune
norme del trattato europeo in materia di rapporti tra
governo e banche centrali.
La corte di Cassazione ha peraltro recentemente confermato
la natura pubblica dell’istituto, che funziona secondo
criteri diversi da quelli della classica spa di diritto
privato, e non a caso il diritto di voto non è
proporzionale al quantitativo di azioni possedute.
Trattasi quindi di banca con particolari funzioni, che il
trattato UE riserva ora in autonomia alla banca stessa.
Qualora tale trattato fosse modificato sul punto in
questione, il governo centrale di un paese del’eurozona
potrebbe, proprio come espressione di un potere politico,
decidere taluni interventi, non esclusa la vendita di una
parte delle riserve aurifere.

Ma considerando gli aspetti soprattutto economici, cosa ci
può dire?
Non dobbiamo dimenticare che la convertibilità della
moneta in oro non esiste più, e quindi non avrebbe alcun
riflesso su aspetti come l’inflazione.
Non a caso, nonostante massicci incrementi delle proprie
riserve aurifere da parte delle banche centrali di diversi
paesi dell’eurozona, non per questo si è rafforzato
l’euro, cosa che invece, evidentemente, doveva verificarsi
in un sistema in cui il valore della moneta è l’oro.
Dobbiamo peraltro ricordare che l’Italia dispone della
terza maggior riserva aurifera a livello mondiale, che
supera un controvalore di 100 miliardi di euro, e che in
parte è detenuta all’estero.

E ritornando all’analisi tecnica, cosa pensa?
Proprio la prospettiva che mani forti, quali potrebbero
essere le banche centrali di molti paesi, si trovino a
vendere massicce quantità di oro, conferma ipotesi
ribassiste di lungo termine.
Nonostante ciò, l’analisi tecnica delle quotazioni del
future depone a favore di un possibile rimbalzo, anche di
certe dimensioni.
I corsi hanno infatti raggiunto un rintracciamento di
Fibonacci abbastanza importante, pari al 38,2% di tutto il
rialzo compreso tra il doppio minimo, formatosi tra il 1999
ed il 2001, ed il massimo assoluto.
Tale livello corrisponde peraltro ad elementi supportivi di
rilievo anche per altre tecniche, a partire dalle onde wars,
e non a caso da tale livello è partito un rimbalzo.

Ma nel futuro cosa prevede?
Considerando anche l’analisi algoritmica condotta con
tecniche proprietarie di proiezionidiborsa, credo ci siano
ormai poche incertezze sul fatto che si tratti di un trend
ribassista di lungo termine.

Ma quali target prevede?
Un primo potenziale setup spazio-temporale si colloca in
area 1200 per aprile 2014, lungo una retta supportiva che
interseca il minimo di luglio 2005 con il minimo di dicembre
2008.
Invece, in caso di mancata tenuta di tale supporto dinamico,
i corsi sarebbero proiettati in area 800 punti per aprile
2017, lungo il supporto dinamico di lunghissimo termine,
parallelo alla retta congiungente i massimi del 2011 con il
massimo di gennaio 1980, e tracciato dai minimi di gennaio
2001.

Abbiamo parlato, in questa intervista, di possibili
politiche economiche del governo, ma quindi ritiene ormai
scongiurata l’ipotesi di nuove elezioni?
In precedenti interviste, prevedevo che quasi sicuramente ci
sarebbe stata una resa dei conti all’interno del PD.
I fatti mi hanno dato ragione, ma con una variante sul tema.
E’ infatti successo che la situazione sia precipitata
prima del previsto, e che si sia dimessa l’intera
segreteria, mentre prevedevo questa fase come successiva
alle nuove elezioni, che ci sarebbero state, se ancora
avesse prevalso l’opinione di non fare un governo delle
larghe intese.
Invece, venuto meno il diniego da parte di Bersani, che
appunto si è nel frattempo dimesso, Napolitano ha potuto
constatare un radicale mutamento, tale da consentire la
chiamata di Letta.

Conferma, quindi, la sua opinione sul rapporto tra borsa
italiana e vicende politiche?
Certamente, e come si è visto in questi giorni, la
correlazione è abbastanza palese.
Possiamo infatti dire che un governo Letta sia gradito ai
mercati, perché cercherebbe di conciliare sostenibilità
dei conti pubblici e ripresa economica, ed i mercati hanno
gradito questa prospettiva, sia con evidente rialzo
sull’azionario, che con un ribasso dello spread.