Nelle Snc la morte del socio non determina la trasmissione della quota agli eredi

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Nelle Snc la morte del socio non determina la trasmissione della quota agli eredi. Analizziamo il caso.

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 1216 del 21/01/2021, ha chiarito i criteri di deducibilità delle perdite fiscali per gli eredi di una Snc. Nella specie le eredi presentavano dichiarazione di successione, evidenziando che il de cuius, quale socio di una Snc, aveva diritto al riconoscimento di perdite fiscali. Conseguentemente, le stesse eredi riportavano nella propria dichiarazione la quota parte delle perdite deducibili dal de cuius. Successivamente, l’Agenzia comunicava di avere eseguito un controllo delle dichiarazioni e che avrebbe provveduto a variare gli importi delle perdite, di pertinenza del de cuius.

Le contribuenti inviavano allora all’Ufficio istanze di riconoscimento delle perdite fiscali, respinte però dall’Agenzia delle Entrate. Secondo l’Amministrazione finanziaria, infatti, non esisteva alcuna previsione normativa in materia, né era ammissibile una interpretazione analogica in quanto non espressamente prevista dal legislatore. I provvedimenti diniego venivano quindi impugnati dalle contribuenti al fine di vedersi riconosciute le perdite indicate. La Commissione Tributaria Provinciale respingeva i ricorsi con sentenza poi confermata anche dalla Commissione Tributaria Regionale.

Il rilievo della Commissione Tributaria Regionale

La CTR rilevava che, per quanto riguarda le partecipazioni in società di persone, gli eredi non acquisiscono automaticamente la qualifica di socio. Secondo i giudici di merito i soci acquisivano piuttosto un credito di pari valore della quota alla data della morte del defunto. Inoltre, la intrasferibilità della posizione di socio in capo agli eredi, non poteva neppure essere sanata dalla stipula di un atto modificativo dei patti sociali.

Tale modifica, avendo natura di nuovo atto, avrebbe infatti fatto acquisire la qualifica di soci solo da quella data. Le contribuenti proponevano infine ricorso per cassazione, deducendo che si avevano diritto al riporto delle perdite del de cuius. Secondo le ricorrenti non sussisteva peraltro alcuna norma che negasse il diritto al riconoscimento di tali perdite fiscali. La CTR, secondo le contribuenti, aveva erroneamente ritenuto che la permanenza del rapporto di partecipazione fosse requisito imprescindibile per la deduzione delle perdite. Errata era pertanto, secondo tale linea, la conclusione che, con la cessazione dalla qualità di socio, le perdite maturate non fossero utilizzabili dagli eredi.

La decisione

Secondo la Suprema Corte le censure erano infondate. Evidenziano i giudici che, con la morte del socio e lo scioglimento del rapporto sociale, i soci devono procedere alla liquidazione della quota agli eredi. In alternativa, i soci possono decidere di sciogliere direttamente la società. E, in tal caso, le spettanze agli eredi saranno regolate nell’ambito della generale procedura di liquidazione dell’intera società.

Infine, i soci superstiti possono continuare la società con gli eredi del socio defunto, mediante la stipula di un accordo di continuazione. Nella specie, i soci superstiti avevano per l’appunto deciso di stipulare un nuovo patto sociale.

E avevano stabilito il subentro delle eredi, nella quota sociale del de cuius. La CTR aveva però ritenuto che l’acquisizione della qualifica di soci decorresse dal momento della stipula del negozio e non avesse quindi effetto retroattivo. E, secondo la Cassazione tale conclusione era corretta. Ai sensi infatti dell’art. 2284 c.c., gli eredi del socio, fin dal momento dell’apertura della successione, assumono esclusivamente la posizione di creditori.

E tale posizione rimane immutata anche nell’ipotesi in cui decidano di stipulare un accordo di continuazione. Anche perché, rileva la Corte, nelle Snc la morte del socio non determina la trasmissione della quota agli eredi. L’operazione di liquidazione della quota è quindi solo un procedimento contabile, conseguente al già verificatosi scioglimento della società relativamente al socio defunto.

L’accettazione dell’eredità comporta, quindi, solo il diritto alla liquidazione della quota. E non dà diritto a subentrare nella società al posto del defunto, laddove, come detto, il rapporto sociale non si trasmette. In caso di accordo di continuazione, poi, si verifica solo una modificazione soggettiva del contratto sociale, la cui efficacia decorre dal momento della stipula.

Conclusioni

Tanto premesso, conclude la Cassazione, non era consentito alle eredi presentare la dichiarazione dei redditi deducendo pro quota le perdite di competenza del de cuius. La modificazione soggettiva del contratto sociale, verificatasi a seguito del patto parasociale, non aveva infatti efficacia retroattiva.

E tale conclusione era peraltro confermata anche dalla disciplina delle imposte sulle successioni. In base a tale disciplina, infatti, il patrimonio degli eredi non si incrementa della partecipazione, ma di un credito/diritto alla liquidazione della quota.