Mettiamoci comodi e prepariamoci ad accogliere un dato sconcertante. Ogni anno, in Italia, buttiamo cibo per un ammontare complessivo di circa 15 miliardi di euro (l’1% del PIL nazionale). Ancor più sconvolgente è la statistica secondo cui il 79% di questi sprechi avviene in ambito domestico.
Se crediamo che i nostri comportamenti quotidiani non possano influire sul bene (o sul male) comune, ci sbagliamo. Imparando a buttare meno cibo, avremo due grandi vantaggi: ridurre l’impatto sulla collettività e ridurre l’impatto sulle nostre finanze.
Ogni famiglia butta 65 chili di cibo ogni anno, che si traducono in un bel po’ di soldi sprecati. Molto cibo viene buttato perché arrivato a scadenza. Ma per tantissimi alimenti la scadenza non è tassativa. Molti ignorano di poter mangiare tranquillamente questi cibi dopo la scadenza evitando inutili sprechi e risparmiando denaro che pesa sul bilancio familiare.
La scadenza non indica sempre la fine della commestibilità di un alimento
La data di scadenza riportata sulle confezioni non è sempre un limite inderogabile. Indica piuttosto il tempo entro cui non c’è nessun rischio che il cibo sviluppi batteri o perda qualità nutrizionali.
La commestibilità dell’alimento dipende dalla deperibilità specifica di quell’alimento, e spesso si preserva anche dopo la data di scadenza. La dicitura “da consumarsi entro…” è obbligatoria per gli alimenti a rapido deperimento. Esiste poi la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro…” riportata sugli alimenti il cui deperimento è previsto entro 3 mesi. I prodotti che possiamo consumare dopo i 3 mesi presentano solo giorno, mese e anno di scadenza, senza specifiche diciture. Per scadenze superiori ai 18 mesi, compare soltanto l’anno. Alcuni cibi non hanno obbligo di indicare scadenze. Tra questi: frutta fresca, sale, zucchero, pane, vino (e altri).
Avere un’indicazione sul deperimento alimentare è sacrosanto, ma spesso a quelle indicazioni possiamo derogare seguendo alcune indicazioni generali.
Molti ignorano di poter mangiare tranquillamente questi cibi dopo la scadenza evitando inutili sprechi
Possiamo mangiare lo yogurt entro 7 giorni dalla scadenza, benché perda alcune qualità nutrienti. Per i formaggi stagionati, dopo la scadenza possono maturare muffe, che però non compromettono l’integrità dell’alimento: basterà rimuovere la parte ammuffita. Possiamo consumare uova crude o alla coque fino a 3 giorni dopo la scadenza, fritte, anche dopo una settimana. I prodotti surgelati, se ben conservati, possono durare anche 2 mesi oltre la scadenza (non i gamberetti, per cui è meglio rispettarla). Lo stesso vale per pesce in scatola, pasta, riso, crackers e biscotti.
I prodotti per cui dobbiamo assolutamente rispettare la scadenza, invece, sono i latticini freschi (latte compreso) e gli affettati. In caso contrario, andremo incontro al rischio di intossicazioni.
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