MES tra riforme e rischio politico

MES

In cosa consiste il MES? E per quale motivo nella giornata del 9 dicembre il governo rischia molto, a causa di questo tema? Quali diatribe politiche sta causando?

Cerchiamo, come nostra consuetudine, di dare una risposta chiara a questi ed altri temi, non sempre correttamente compresi.

MES tra riforme e rischio politico

Innanzi tutto, in cosa consistono il MES e la sua riforma?

Il MES, o organismo di stabilità, meglio noto come Fondo salva Stati, è un organismo europeo, appositamente ideato per intervenire in tutti quei casi in cui uno Stato membro dell’UE vada incontro ad una crisi finanziaria.

Dalla originaria formulazione, si sono poi sviluppate diverse ipotesi di riforma.

Accanto a tale concezione originaria è stato quindi approvato un altro tipo di intervento, che riguarda solo la possibilità di investire in misure di carattere sanitario, e sul quale si era concentrata una diatriba politica, in particolare tra PD, favorevole al suo utilizzo, ed il Movimento Cinque Stelle.

Quale il tradizionale punto di contrasto sull’utilizzo del MES?

Il MES, tradizionalmente, prevedeva che i fondi richiesti dallo Stato in difficoltà potessero essere accordati, solo se lo Stato accettava tutta una serie di riforme, eventualmente anche in stile lacrime e sangue, definite dai competenti organi. Sull’esempio di quanto verificatosi in Grecia.

Una significativa modifica è intervenuta con il MES di tipo sanitario.

Ma i pentastellati temono che la questione sia tutt’altro che chiara, e che non sia affatto escluso che anche il cosiddetto MES sanitario riveli qualche sorpresa.

Altro elemento, su cui fanno leva i grillini, la circostanza, a loro parere, che richiedere comunque l’intervento del MES getterebbe una luce, una immagine negativa sullo Stato richiedente, tale da comportare ripercussioni negative sui mercati finanziari e sul finanziamento, quindi, del debito statale, con incremento dello spread.

A tali tesi si ribatte che tutto quanto sopra esposto è semplicemente falso e destituito di fondamento.

E tale diatriba costituiva già un primo elemento di scontro, nella maggioranza, anche solo relativamente all’utilizzo del cosiddetto MES sanitario.

Ma ora?

MES tra riforme e rischio politico: cosa succede il 9 dicembre?

In questa data il parlamento è chiamato ad esprimersi favorevolmente o meno circa una riforma del MES, appositamente ideata in sede europea.

Riforma che, nelle sue linee essenziali, riconduce a quanto segue.

Sinora questo Meccanismo Europeo di Stabilità era congegnato come uno strumento di intervento, a crisi già in atto.

Le concrete dinamiche finanziarie hanno invece evidenziato l’opportunità di interventi anche preventivi.

Pertanto, oltre a forme di intervento anche sul sistema bancario, aspetto che a mio parere non costituisce elemento portante della riforma, il nuovo MES ricomprende fondi per intervenire anche prima che una crisi sia già in atto.

Pertanto potranno richiederli anche Stati con i parametri finanziari in ordine, ma che sono interessati dalla proiezione di una prossima crisi finanziaria.

Quali conseguenze dal voto?

Il Parlamento italiano non si dovrà esprimere sull’utilizzo o meno del MES, ma sulla riforma.

Ritorna quindi nel vivo una serie di contrasti tra forze politiche su un tema comunque molto delicato.

Ad essere spaccati non sono solo i partiti, ma anche fazioni all’interno dello stesso partito.

In particolare una cinquantina circa di parlamentari tra i pentastellati, i cosiddetti dissenzienti, hanno scritto una lettera ai dirigenti e massimi esponenti del loro movimento, per indicare la netta contrarietà a tale ipotesi di riforma.

Ma anche l’opposizione pare spaccata.

Se all’interno del centro destra Lega e Fratelli d’Italia rappresentano la posizione maggioritaria, da sempre contraria al MES, invece Forza Italia era favorevole.

Ma, per non rompere l’unità del centro destra, Berlusconi ha dovuto garantire un voto contrario.

Ovviamente non si escludono defezioni, in senso favorevole.

Lo scenario politico

In precedenti occasioni, avevo evidenziato molteplici temi, in grado di rappresentare altrettanti ostacoli sul percorso del governo.

Ma sicuramente anche questo non sarà ostacolo di poco conto. Anzi.

Non si esclude, infatti, numeri alla mano, che sia alla Camera, che al Senato, l’esecutivo possa andare sotto, come si dice in gergo.

Anche se il quadro politico potrebbe conoscere qualche inatteso appoggio in soccorso del governo, da parte di singoli esponenti dell’opposizione.

A fronte di tale situazione, occorre comunque anche domandarsi cosa potrebbe succedere se effettivamente il governo venisse battuto.

Le conseguenze di un eventuale voto negativo

A proposito del MES tra riforme e rischio politico, come noto, la nostra Costituzione è del tipo flessibile. Tale, cioè, da comporsi non solo di rigide regole scritte, ma anche di prassi ed interpretazioni, soprattutto in materia di governo e dei casi in cui si sarebbe costretti, da parte del Presidente del Consiglio, a dimettersi o meno.

Che vi sia un tale rischio, in caso di voto contrario, non è un’ipotesi aleatoria, visto che negli stessi ambienti quirinalizi già si è fatto presente che in caso di crisi, a quanto pare, Mattarella non vorrebbe soluzioni, per così dire, alambiccate.

Ossia, quelle soluzioni che richiedono tempi lunghi e infinite consultazioni.

La via principale sarebbe quindi quella elettorale, secondo quanto traspare da alcune indiscrezioni.

Ma perché avanzare tali indicazioni, se non vi fosse sentore di una possibile crisi?

E che il Quirinale ritenga tutt’altro che improbabile, in caso di voto negativo, la caduta di Conte, emerge comunque anche da alcune riflessioni di diritto costituzionale.

Come noto, la fiducia si basa su un preciso voto parlamentare, ma la fiducia si considera essere venuta meno se su temi rilevanti il voto è contrario.

Anche se su quel tema non è stato esplicitamente richiesto il voto di fiducia.

Caso complesso quello che si potrebbe venire a determinare nell’ipotesi in cui il voto favorevole si basi su una diversa maggioranza. Si verificerebbe quando parte della maggioranza, determinante per la sufficienza numerica, viene meno per essere sostituita, nel voto, da una parte della attuale opposizione.

In tale ipotesi è difficile non ritenere cambiata la maggioranza politica, che sostiene un esecutivo, dal momento che parte dei parlamentari d’opposizione votano a favore, e parte della maggioranza, numericamente indispensabile, passa a votare invece con l’opposizione.

Anche in un tale caso, quindi, sarebbe difficile per Conte non prendere atto della intervenuta crisi, e non salire al Colle.

Ma non solo per riferire sulla situazione, cautelativamente, con il Presidente della Repubblica, ma proprio anche per prendere atto della crisi e rassegnare le conseguenti dimissioni.

Sarà questo l’esito del voto?

Oppure il governo Conte riuscirà almeno a mangiare pandoro e panettone?

Il nove dicembre è dietro l’angolo e non resta che attendere gli eventi.

A cura di Gian Piero Turletti, autore di “Magic Box” e “PLT