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MERCATI TRA CONDIZIONAMENTI TECNICI E POLITICI.
QUANDO I NODI VENGONO AL PETTINE.
Intervista-analisi
A cura di Gian Piero Turletti
SPESSO GLI INVESTITORI ED I TRADERS SI DISOCCUPANO DI POLITICA, MA E’ VERO CHE CI SONO MERCATI MAGGIORMENTE CONDIZIONATI DALLA SITUAZIONE TECNICA E MERCATI, INVECE, PIU’ NEWS DRIVEN, E CONDIZIONATI DALLA POLITICA?
Questo è certamente vero, ed in molti casi la situazione politica, in particolare riguardante la politica economica, e le cosiddette news condizionato in misura pesante l’andamento dei listini.
Spesso investitori e traders si disoccupano di tale aspetto, ma vi sono diversi casi di mercati maggiormente news driver, in cui le prospettive politiche ed economiche, o anche solo una singola notizia, potrebbero cambiare molto velocemente le cose in borsa, piuttosto che su altri mercati, e modificare velocemente l’impostazione tecnica.
Con i metodi di proiezionidiborsa.com ce ne accorgeremmo quasi simultaneamente, ma pensiamo anche al cassettista, che segue prospettive di investimento di lungo periodo.
Del resto, questo non riguarda solo gli aspetti di breve e medio periodo, ma proprio anche quelli di lungo termine.
Talora un’impostazione rialzista rischia di divenire ribassista, ad esempio, e far fallire la tempistica di chi confida ad esempio in un rialzo duraturo.
Uno degli aspetti più interessanti, tuttavia, è che è possibile capire con certa attendibilità quali mercati si fanno maggiormente condizionare da eventi esterni, e quali, invece, sono più impermeabili a questo tipo di influenza esterna.
A COSA SI RIFERISCE?
Solitamente i mercati che meno si lasciano condizionare da eventi esterni, sono cioè, come si è soliti dire, meno news driven, hanno minimi e massimi che si trovano lungo i bordi dei rispettivi canali, rialzisti o ribassisti, a differenza di altri mercati, maggiormente news driver, nei quali spesso i minimi e massimi possono essere disallineati rispetto al bordi del canale, tracciato con metodo grafico o secondo il metodo statistico della retta di regressione lineare.
Questo sta a significare che in questo secondo caso talune notizie hanno fatto formare il minimo e massimo a prescindere dai riferimenti supportivi e resistenziali dati dal canale medesimo, denotando quindi maggior influenza di tali condizionamenti esterni.
Quindi, in altri termini, il fattore tecnico è stato meno decisivo, per così dire.
L’INDICE FTSE MIB A QUALE TIPOLOGIA APPARTIENE?
Indubbiamente, alla tipologia dei mercati maggiormente news driver.
Lo ha dimostrato in diverse occasioni e lo notiamo anche in relazione ai grafici di borsa, dove anche i massimi del trend intrapreso lo scorso anno, in ottica di medio periodo, paiono maggiormente disallineati di quelli di altri mercati.
E PROPRIO CON RIFERIMENTO ALLE ULTIME NEWS ED ALLA SITUAZIONE POLITICA, QUALI PROSPETTIVE SI VANNO DELINEANDO?
La situazione sta evolvendo verso un maggior grado di complessità.
Intanto, mentre secondo talune indicazioni ed analisi politiche la questione del governo doveva essere decisa in base al voto in commissione sulla decadenza di Berlusconi, va invece notato che le sorti del governo sono state rinviate, ma ogni giorno o quasi c’è, al riguardo, una nuova notizia.
Apro questa mattina (22/09) il notiziario di televideo, e leggo che il ministro dell’economia minaccia le dimissioni.
La questione di fondo è sempre la stessa.
Dover far fronte ad esigenze finanziarie diverse, con risorse che denotano come la coperta sia sempre troppo corta.
Mantenere il rapporto deficit/pil al 3%, piuttosto che dover far fronte al pagamento degli stipendi degli enti locali, o non aumentare l’IVA.
Tanto per fare solo alcuni esempi.
Tutte situazioni in cui pare non ci siano risorse finanziare per far fronte a tutto, e di qui anche tensioni politiche, che possono ovviamente non solo impattare la situazione politica, ma anche le sorti dei mercati.
In particolare, per quanto riguarda l’Italia, soprattutto le sorti dell’azionario e dello spread.
A tutto questo, ovviamente, si aggiungono specifiche tensioni legate all’evoluzione del quadro politico, che vede per un verso la dialettica tra le diverse componenti del PD in vista del congresso, componenti talora più favorevoli, talora decisamente avverse, a questo governo, e per altro verso in bilico la tenuta dell’esecutivo sulla base delle istanze dei partners di maggioranza, soprattutto su questioni come IVA ed IMU.
PROPRIO A TALE RIGUARDO, LEI COSA PENSA DELL’IPOTESI DI UN INCREMENTO DELL’IVA, QUESTIONE ORMAI SUL TAPPETO, VISTO CHE PERALTRO LA MINACCIA DI DIMISSIONI DEL MINISTRO DELL’ECONOMIA E’ LEGATA PRINCIPALMENTE, SE NON ESCLUSIVAMENTE, A QUESTA PROBLEMATICA?
A mio parere l’incremento dell’IVA rischia di essere un clamoroso autogol per le finanze pubbliche e la tenuta di questo esecutivo.
Talora, soprattutto in ambito economico, un esempio val più di mille parole, e propongo quindi il seguente ragionamento.
Ipotesi di acquisti di beni e servizi per un miliardo di euro, cioè 1000 milioni.
Con IVA al 21% sarebbero 210 milioni.
E con IVA al 22%?
In teoria 220 milioni, giusto?
Si, ANZI NO, NON E’ DETTO.
Proprio perchè i consumi potrebbero contrarsi, a fronte di un incremento IVA, e quindi magari scendere a 954 milioni.
In questo caso, sarebbe un pareggio, in quanto il 22% sono sempre 210 milioni.
Ma se gli acquisti si riducono maggiormente, scendendo ad esempio a 900 milioni?
Allora, il 22% sarebbe 198 milioni, cioè 24 milioni di minori entrate fiscali.
Con IVA al 21% sarebbero 210 milioni.
E con IVA al 22%?
In teoria 220 milioni, giusto?
Si, ANZI NO, NON E’ DETTO.
Proprio perchè i consumi potrebbero contrarsi, a fronte di un incremento IVA, e quindi magari scendere a 954 milioni.
In questo caso, sarebbe un pareggio, in quanto il 22% sono sempre 210 milioni.
Ma se gli acquisti si riducono maggiormente, scendendo ad esempio a 900 milioni?
Allora, il 22% sarebbe 198 milioni, cioè 24 milioni di minori entrate fiscali.
E’ POSSIBILE USCIRNE?
A mio avviso, come detto più volte, occorrerebbe che almeno in talune situazioni fosse consentito ai singoli stati il ricorso a manovre di politica monetaria, senza correlata emissione di titoli del debito pubblico ma, come ben noto, ora lo strumento della politica monetaria è riservato, in via esclusiva, alla BCE, e comunque non si è pensato neppure in precedenza a predisporre manovre monetarie senza correlato acquisto o vendita di titoli di stato.
Sarebbe una materia da rivedere profondamente, a mio avviso, a partire dai trattati europei.
QUALE PROBABILE FUTURO CI ATTENDE NELL’AMBITO DELLA POLITICA ECONOMICA E DELLA SITUAZIONE MACROECONOMICA GENERALE?
Direi che i nodi stanno venendo al pettine.
L’UE ci incalza sul contenimento del rapporto deficit/Pil al 3%, e sta per scadere la data entro cui decidere sull’IVA, oltre a varie altre urgenze, come quella del pagamento dei dipendenti delle amministrazioni locali.
Per altro verso, proprio su queste problematiche, non ci sono solo le minacce di dimissioni del ministro dell’economia, ma anche quelle del PDL, che richiede un puntuale rispetto degli impegni del governo in materia di politica fiscale.
Come ho avuto diverse volte modo di sottolineare, in troppe occasioni questo esecutivo è stato solo capace di rinvii, e quindi ora, appunto, i nodi stanno venendo al pettine.
Ne consegue che anche gli obiettivi di crescita economica vanno a sbattere contro il muro della realtà, fatta di troppi problemi di copertura, che non vengono affrontati con gli indispensabili strumenti di politica monetaria, unica via, a mio giudizio, per ripristinare realmente prospettive di tenuta del debito pubblico unitamente a obiettivi di crescita economica di una certa consistenza.