A cura di Gian Piero Turletti,
autore di Magic Box in 7 passi e di PLT
L’analisi tecnica, in realtà, è un insieme di teorie e di tecniche diverse, ognuna con i propri principi ed i propri modelli.
Non a caso, anche a livello di tecniche proiettive, come ormai sa chi mi legge da tempo, ho sempre proposto modelli diversi, tra cui quelli ciclici, quelli trigonometrici, ed altri ancora, come quello da me ideato, magic box.
Ma anche nell’ambito dello stesso modello di proiezione del futuro comportamento di un mercato finanziario, abbiamo poi delle varianti.
Ad esempio il modello ciclico è ideato in forma di semicerchio, che parte ovviamente da un minimo e finisce su un altro minimo.
Ma occorre considerare che, più che definire il comportamento dei prezzi, il modello ciclico delinea scadenze temporali.
Pertanto, tra una scadenza temporale e l’altra possono verificarsi dinamiche diverse, rialziste, ribassiste, o neutrali.
In tale ottica ho più volte evidenziato come soprattutto i principali indici americani si collocano nel terzo sottociclo di lungo termine, ma di qui alla fine del quarto, possono verificarsi ipotesi diverse, non necessariamente ribassiste.
Se infatti andiamo ad esaminare i corsi da inizio anno, effettivamente notiamo un comportamento che potremmo definire inside, cioè contenuto tra minimo e massimo della barra di gennaio.
E tra le ipotesi formulate da diversi analisti, in effetti sta anche prendendo piede quella di una continuazione del movimento laterale.
Ma tale ipotesi è giustificata economicamente?
La risposta dipende dal modello econometrico adottato, e considerando uno di quelli maggiormente usati in ambito anglosassone, anche perché nato in quel contesto, l’ipotesi trova piena giustificazione.
Mi riferisco al discount cash flow, in italiano attualizzazione dei flussi di cassa.
In base a tale modello il controvalore di un titolo o di un indice sarebbe offerto dalla somma dei flussi finanziari futuri, data sostanzialmente da utili più ammortamenti, ognuno attualizzato, cioè scontato per un certo tasso.
Esistono poi alcune varianti, tra cui il numero di flussi finanziari futuri, il tasso di attualizzazione, e via dicendo.
In questa analisi, non è però rilevante tanto il numero di futuri flussi da attualizzare, ma il tasso di attualizzazione e la previsione dell’entità futura di tali flussi.
Uno dei tassi adottati è quello costituito dal rendimento dei titoli di stato decennali, cui aggiungere un tasso del 5 per cento come premio per il maggior rischio azionario.
Ed ipotizziamo che il valore corrente di un indice sia pari al valore stimabile con tale modello econometrico.
Ora mi preme farvi notare che se il tasso di crescita dei flussi, previsto dal mercato, è pari al tasso di attualizzazione, il valore dei flussi previsti resta uguale al valore attuale, quindi non cresce.
Cioè pari al valore della somma dei flussi non attualizzati.
Esempio:
attualizziamo 3 futuri flussi finanziari, ognuno previsto, rispetto al precedente, in crescita del 5 per cento.
E utilizziamo come tasso di attualizzazione sempre il 5 per cento.
Ipotizziamo di partire da un flusso pari a 100.
Avremo quindi:
100 (flusso anno corrente)
105 (flusso tra 1 anno)
110,25 (flusso tra 2 anni).
Questi sono i flussi nominali previsti in crescita del 5 per cento all’anno.
Ora facciamo la somma del tassi attualizzati
100+(105/1,05^1)+(110,25/1,05^2)=300.
Praticamente, attualizzando i flussi futuri con il medesimo tasso previsto di crescita dei flussi stessi, otteniamo un risultato analogo a quello della somma di flussi costanti, come se non crescessero, perché l’incremento dei medesimi viene scontato di un uguale tasso.
Pertanto, ipotizzando che il valore di mercato uguagli quello ottenuto con il discount cash flow, un andamento laterale dell’indice sta a significare che il mercato prevede tassi di crescita di utili ed ammortamenti uguali al tasso di sconto.
Noi però abbiamo detto che usiamo come tasso di sconto quello dei titoli di stato decennali (in questo caso del decennale USA), cui aggiungiamo un 5 per cento.
Considerando, quindi, la crescita media annuale del rendimento del decennale USA, pari a circa lo 0,6 per cento, possiamo stimare, partendo dall’attuale tasso del 2,84, che i prossimi tassi saranno incrementati di circa lo 0,6, quindi il prossimo anno dovremmo avere un tasso del 3,44, e via dicendo.
Aggiungendo a tali tassi un 5 per cento per il maggior rischio azionario, otteniamo i futuri tassi di attualizzazione, pari a 8,44 il prossimo anno, e via dicendo per gli anni a venire.
Ma, dal momento che una borsa laterale significa tassi di crescita di utili ed ammortamenti pari al tasso di sconto, questo significa anche che tali tassi sono quelli previsti dal mercato sui dati aziendali.
Qualcuno osserverà che gli ultimi dati sono decisamente superiori, in termini di incremento percentuale degli utili di bilancio, a tali proiezioni.
E riguardano solo gli utili, mentre se considerassimo utili + ammortamenti, il dato sarebbe probabilmente ancora superiore.
La spiegazione potrebbe essere duplice.
O i dati relativi agli utili saranno assorbiti da ammortamenti negativi, come quelli che si verificano quando ad esempio si devono effettuare uscite monetarie per rimpiazzare vecchi impianti, oppure, senza tale componente finanziaria negativa, molto semplicemente il mercato stima che i prossimi flussi finanziari siano in deciso calo e che, quindi, gli attuali incrementi dipendano dal punto conclusivo di un ciclo economico, poi destinato alla fase declinante.
In sintesi è probabile che, in base al modello ecometrico maggiormente diffuso negli USA per le valutazioni di titoli azionari, i futuri incrementi della componente utile + ammortamenti sia non superiore al tasso rappresentato dal decennale USA + un premio per il maggior rischio azionario.
Soprattutto nel caso di perdurante lateralità dei corsi, tale ipotesi prenderebbe sempre più piede, e la borsa continuerebbe in tale dinamica, fin quando dati peggiorativi nei bilanci aziendali facessero prevedere tassi di crescita dei flussi finanziari inferiori al tasso del decennale USA maggiorato di un premio per il maggior rischio azionario.