Nella teoria economica mainstream l’indipendenza della Banca centrale è ormai considerata una caratteristica fondamentale per poter assicurare stabilità monetaria ad una economia. Una Banca centrale indipendente dal potere politico è infatti in grado di prendere liberamente decisioni su tassi d’interesse e offerta di moneta per raggiungere obiettivi statutari predefiniti, che sono solitamente il controllo dell’inflazione e la crescita. È ovvio infatti che, in assenza di questa indipendenza, i politici avrebbero il potere di imporre ai banchieri centrali tassi d’interesse più bassi dell’opportuno, per aumentare l’offerta di credito e il PIL, provocando però un livello di inflazione eccessivo che finirebbe per ridurre il potere d’acquisto dei cittadini.
Uno dei paesi nei quali il principio di indipendenza della Banca centrale non è applicato è la Turchia. Nei giorni scorsi, infatti, il presidente turco Erdogan ha licenziato il quarto Governatore della Banca centrale turca in pochi mesi. Tutti rei, secondo lui, di non aver accondisceso alle sue pretese di tenere i tassi d’interesse a bassi livelli, con l’intento di sostenere la crescita dell’economia turca.
L’indipendenza della Banca centrale è ormai considerata una caratteristica fondamentale ma non in Turchia
Peccato che la Turchia dei tassi d’interesse bassi non se li possa permettere, considerando che l’inflazione ha toccato recentemente il livello del 15,6%. Davanti a questa crescita eccessiva dei prezzi, il Governatore Naci Agbal aveva adottato una soluzione da manuale economico, alzando i tassi al 19%. Un livello decisamente troppo elevato per il presidente Erdogan, che infatti l’ha subito licenziato, come i suoi predecessori.
La mossa però non è piaciuta affatto agli investitori internazionali, che hanno subito reagito con un sell off della lira turca, la quale è arrivata a perdere fino al 15% nei confronti del dollaro, e delle azioni turche, senza contare la fuga di capitali esteri che ha avuto luogo. Proprio questo è un possibile scenario di breve-medio termine per l’economia turca: crisi valutaria, accompagnata da una fuga di capitali, da un aumento dei prezzi e da una recessione economica. Per evitarlo servirebbe sicuramente ridare alla Banca centrale l’autorevolezza e la credibilità perdute. Sembra molto difficile, tuttavia, che ciò possa avvenire sotto l’attuale classe politica che governa la Turchia.