L’epoca dei rendimenti sovrani a zero, o sottozero, potrebbe presto volgere al termine. Complice il ritorno dell’inflazione a livello internazionale, le yield curve dei principali sovereign bond stanno infatti velocemente riemergendo dal livello negativo al quale erano scivolate per effetto delle politiche monetarie ultra espansive attuate dalle principali banche centrali negli ultimi anni, dalla Federal Reserve alla Banca Centrale Europea, dalla Bank of England alla Bank of Japan. Rendimenti negativi che per i paesi più virtuosi, come la Germania, ha significato avere quasi tutta la yield curve sotto lo zero.
La scorsa settimana, lo spread tra il BTP decennale italiano e l’omologo (in termini di maturity) Bund tedesco è aumentato, collocandosi poco sotto i 120 punti base, mentre il rendimento del bond è tornato sopra l’1,0%, ai massimi annuali. L’aumento dei rendimenti sovrani non è però un fenomeno che sta colpendo solo l’Italia ma un po’ tutti i paesi del mondo, compresi gli Stati Uniti.
Basta osservare i rendimenti d’emissione registrati dai principali paesi nelle ultime aste per notare l’aumento avvenuto.
Nell’ultima asta dei bonos spagnoli, per esempio, il rendimento sul decennale è aumentato dallo 0,433% allo 0,598%, quello sul bond quinquennale dal -0.240% allo 0.171% e quello sul bond triennale dal -0.411% al -0.356%. Risultati simili si sono osservati con i BTAN francesi: il rendimento sul bond quinquennale è salito dal -0.36% al -0.19%, quello sul triennale dal -0.61% al -0.53%. L’aumento dei rendimenti ha colpito anche la virtuosa Germania, con il rendimento sul benchmark di riferimento dell’eurozona, il bond decennale, che è aumentato nell’ultima asta dal -0.250% al -0.090%.
Per quanto riguarda l’Italia, nell’ultima asta il Tesoro ha collocato 1,75 miliardi di Btp a 30 anni ad un rendimento medio che ha superato il livello del 2,0%, esattamente al 2,06%. Il BTP a 3 anni ha realizzato un rendimento del -0,06%, in rialzo rispetto al -0,17% precedente e il BTP con scadenza a 7 anni ha registrato un rendimento dello 0,69%.
L’epoca dei rendimenti sovrani a zero, o sottozero, potrebbe presto volgere al termine
A prescindere dal confronto con gli altri paesi, il problema preoccupante per l’Italia è l’aumento della spesa in conto interessi sul debito che deriva dall’aumento dei rendimenti d’emissione. Raffaele Ricciardi su Repubblica ha stimato che, se si ipotizzasse che nel secondo semestre del 2021 i rendimenti attuali rimangano invariati , ovvero pari a circa l’1,0% in media per il lungo termine e il -0,5% per quelli a breve, e ipotizzando un aumento del bond decennale nel 2022 all’1,35% in media annua e quelli a breve al -0,25%, rispetto allo scenario di febbraio-marzo, la spesa sarebbe più elevata di 800 milioni nel 2021 e tra 2 e 2,5 miliardi nel 2022, per un totale che si colloca attorno ai 3 miliardi aggiuntivi in due anni.
Il problema è che questa stima sembra ragionevolmente approssimata per difetto, considerando l’andamento registrato dai rendimenti dei BTP negli ultimi giorni. Se tale trend dovesse proseguire al passo attuale – e molti analisti pensano che lo farà davvero – l’ipotesi di avere un rendimento pari all’1,5% quest’anno e al 2,0% il prossimo anno per il lungo termine e un rendimento leggermente positivo per il breve termine non sarebbe assolutamente irrealistica. Se davvero fosse così, la maggior spesa per interessi potrebbe lievitare quindi fino ai 5 miliardi di euro nei prossimi due anni. Un mancato risparmio del quale il Governo dovrà per forza di cose tenere conto nelle sue scelte di politica economica.