I mercati azionari internazionali sono da sempre un termometro piuttosto affidabile per quanto riguarda il fronte geopolitico mondiale. Infatti spesso si muovono in vista di quello che potrebbe avvenire in un futuro prossimo, a volte anche con un certo anticipo. In questo caso la spada di Damocle che li minaccia da qualche giorno si chiama Russia. O per essere più precisi: la crisi tra Russia e Nato. Infatti se ad inizio di settimana si era temuto il peggio, ieri la minaccia di un’invasione del territorio ucraino da parte delle truppe do Mosca era stato apparentemente scongiurato. Almeno da quanto era trapelato.
Eppure nonostante questo le Borse non sono ancora del tutto libere dalla paura di un capovolgimento, anche improvviso, della situazione.
Infatti i vertici politici russi avevano confermato il ritiro, peraltro anche ostentato, di una parte delle truppe. In queste ore, però, la NATO smentisce la cosa affermando che, invece, la Russia starebbe aumentando il dispiegamento del proprio esercito al confine. Non solo, ma Kiev, non più tardi di ieri, aveva annunciato la possibilità che fosse in atto un attacco informatico. ovvero una minaccia differente da quella prevista. In questa occasione sarebbero stati presi di mira il Ministero della Difesa ucraino ed alcune banche pubbliche. Si tratterebbe di una mossa che prende spunto da una debolezza informatica che Kiev lamenta da anni.
Le Borse non sono ancora del tutto libere dalla minaccia di un’escalation
A prescindere da tutto, però, è senza dubbio vero che i timori di una possibile invasione non siano definitivamente tramontati. Non solo, anche il cauto ottimismo espresso dalla diplomazia nelle scorse 24 ore potrebbe rivelarsi una mossa azzardata. In questo caso i mercati sembrano aver intercettato i dubbi della stessa NATO che, come detto, lamenta un comportamento contraddittorio da parte dell’esercito russo.
A questo si devono aggiungere anche i nervosismi dettati dai risultati record dell’inflazione inglese. La pubblicazione odierna, infatti la vede ai massimi da 30 anni. Tradotto in numeri si parla di un risultato che a gennaio ha toccato il 5,5% su base annua.
Alla luce di tutte queste considerazioni trovano spiegazione i saldi in rosso registrati dai listini intorno alle 16. In particolare un -0,5% sul Ftse Mib ma anche i negativi che si intravedono su Wall Street con un Nasdaq, ad esempio, a -1,14%.