Le banche degli Stati Uniti trascinano Wall Street verso il basso mentre le difficoltà italiane non diminuiscono

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Sommario:

  • Le banche statunitensi sono state tra le peggiori di Wall Street durante la sessione di martedì
  • Le azioni asiatiche calano allo stesso modo dopo alcune letture macroeconomiche di secondo livello delle economie asiatiche
  • L’agenzia di rating Moody’s individua i rischi per i mercati emergenti

Le sofferenze italiane continuano a diffondersi su altri mercati e ieri è stato visto perfettamente a Wall Street, dove la SP500 (US500 su xStation5) e la Dow Jones (US30) hanno registrato la loro più alta percentuale in calo del mese rispettivamente dell’1,2% e dell’1,6% . Tra i peggiori ci sono stati titoli finanziari, in particolare le banche sono state trascinate al ribasso dai rendimenti del Tesoro USA. Il tonfo del SP500 si può notare che le azioni delle banche sono crollate del 4%, seguite dal settore della finanza al consumo che ha perso quasi il 3,5%. Guardando alcuni titoli specifici vale la pena prestare attenzione a JP Morgan e Morgan Stanley – le banche più colpite martedì. Il primo è diminuito del 4,3% essendo il più grande trascinamento dell’intero indice, mentre il secondo è diminuito del 5,8%. Gli stati d’animo e di ansia sono scontati anche in Asia e il principale indice cinese è in calo di quasi il 2% prima della sua chiusura, e ciò che ancora è importante è scomporre una linea di supporto cruciale che apre un mondo di probabili ulteriori riduzioni.

Stiamo scrivendo abbastanza spesso sul benchmark cinese (CHNComp), e oggi lo stiamo facendo di nuovo visto che il panorama tecnico lo merita. Il prezzo ha rotto il suo supporto degno di nota posto a 11800 punti, quindi un movimento inverso 11400 sembra essere sulle carte con un possibile seguito a 11100 punti. Fonte: xStation5

 

Per quanto riguarda i rilasci macroeconomici durante la sessione asiatica, si può concludere che non c’erano molti elementi. In entrambi i casi, le vendite al dettaglio giapponesi hanno sorpreso al rialzo attestandosi all’1,6% su base annua in aprile, superando la stima media all’1%. Si noti che questo ritmo si è verificato nonostante la crescita salariale ostinatamente latente, e si potrebbe essere ancora più ottimisti in quanto i prezzi dei beni di consumo, in particolare il cibo, sono in diminuzione. Pertanto, si può sospettare che un grande colpo potrebbe avere qualcosa a che fare con il calo degli alimentari. D’altra parte, i permessi di costruzione australiani sono scesi del 5% su base mensile, a scapito delle aspettative, indicando una diminuzione del 3%, sebbene si tratti di un insieme molto volatile di dati. Ultimo ma non meno importante, la Reserve Bank of New Zealand ha pubblicato il suo rapporto sulla stabilità finanziaria in cui sottolineava la solidità del sistema finanziario in generale, aggiungendo che i buffer di liquidità nel sistema bancario sono sufficienti. Tuttavia, ha menzionato un elevato livello di debito ipotecario delle famiglie come fonte di preoccupazione per il futuro.

Il dollaro neozelandese continua a lottare nelle vicinanze dell’area della domanda, ma qualsiasi aspetto negativo qui sembra essere contenuto. Fonte: xStation5

 

Infine, citiamo alcune osservazioni di Moody’s in merito ai maggiori rischi per i mercati emergenti. Ha affermato che tali rischi sono aumentati con il continuo irrigidimento delle condizioni del credito a fronte di tassi in crescita. Moody’s sostiene che le turbolenze dei mercati finanziari nei ME comportino rischi di una ricaduta negativa più ampia. L’agenzia di rating non tralascia l’aumento dei prezzi del petrolio dicendo che potrebbe pesare sul potere d’acquisto tagliando la spesa dei consumatori, ma potrebbe anche presentare un rischio al rialzo dell’inflazione.