La rapidità e i modi con i quali la Banca centrale europea sta cambiando la sua posizione sulla natura dell’inflazione che stiamo osservando è un chiaro segnale di come i banchieri centrali dell’eurozona si siano lasciati trovare del tutto impreparati dall’aumento dei prezzi. Peggio ancora, una volta osservato questo aumento, non ne hanno saputo cogliere la sua natura permanente, perseverando nella credenza secondo la quale la recrudescenza inflazionistica in corso è da ritenersi soltanto un fenomeno temporaneo.
Ora che i dati dimostrano inequivocabilmente che questa credenza è falsa, è partita la corsa dei policy maker si Francoforte a fare marcia indietro.
L’inversione ad U effettuata dal capo economista Philip Lane è, da questo punto di vista, clamorosa. Lane ha infatti dichiarato la scorsa settimana che “l’inflazione dell’Eurozona è attesa attestarsi attorno al livello del 2%”, citando la revisione al rialzo nelle aspettative di investitori, analisti e consumatori.
Questa dichiarazione si pone in un orientamento completamente opposto a quello sposato dallo stesso Lane soltanto tre settimane fa, quando l’economista irlandese affermava che, invece, l’inflazione sarebbe probabilmente scesa sotto l’obiettivo del 2% e lì vi sarebbe rimasta nel medio periodo. Un cambio di posizione radicale che fa seguito al cambio di posizione, altrettanto radicale quanto inatteso, espresso dalla presidentessa della BCE Christine Lagarde durante l’ultima riunione del Consiglio Direttivo, quando, stupendo i mercati, affermò che l’inflazione era “orientata al rialzo”.
Nella lista degli economisti che di recente si sono convertiti alla visione della natura permanente dell’inflazione si è aggiunto anche Olivier Blanchard.
Questo, è ritenuto tra gli economisti keynesiani più influenti al Mondo e autore della famosa teoria della “stagnazione secolare “, la quale afferma, in estrema sintesi, che l’assenza di crescita accompagnata da assenza di inflazione è una nuova normalità destinata a durare per i prossimi decenni.
Ebbene, proprio Blanchard, intervistato nei giorni scorsi dal New York Times sul rischio di una possibile spirale inflazione-salari negli Stati Uniti, ha dichiarato di non aver ben chiaro come potrebbe svilupparsi la questione inflazionistica, e che non bisogna aspettarsi uno scenario di tipo “soft landing”, ovvero una uscita ordinata dalla situazione.
L’abbandono della credenza circa la temporaneità dell’inflazione da parte di molti banchieri ed economisti illustri è senz’altro una buona notizia che, tuttavia, non fa venir meno la perdita di reputazione subita dalle banche centrali. Per troppo tempo, infatti, e soprattutto nel periodo della pandemia, si sono esaltate le virtù salvifiche della politica monetaria per l’economia, attribuendole un ruolo e un peso che queste non hanno per natura e non dovrebbero avere.
L’assenza di crescita accompagnata da assenza di inflazione pottebbe essere un’ipotesi durevole per i prossimi decenni
I banchieri centrali non sono dei politici e il loro operato non deve necessariamente piacere all’opinione pubblica. Tradizionalmente, nel policy making detengono il ruolo del “poliziotto cattivo”, colui che prende scelte antipatiche ma necessarie. Come quella di alzare i tassi d’interesse tempestivamente per evitare che l’aumento eccessivo dei prezzi crei danni al sistema economico. Ecco, in questa fase storica, quello di cui l’economia globale ha bisogno è avere forse qualche banchiere antipatico in più che sappia prendere decisioni controcorrente.